Gesù e i discepoli sul mare di Tiberiade 

di Stefano Tarocchi · Il Vangelo di Giovanni si chiude con il racconto di tre manifestazioni di Gesù, due avvenute a Gerusalemme, il giorno di Pasqua e otto giorni dopo (capitolo 20), e una terza manifestazione avvenuta, sul mare di Tiberiade in Galilea (capitolo 21): è lo stesso evangelista a tenerne il conto: «era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti» (Gv 21,14). 

In origine, il Vangelo di Giovanni terminava col capitolo 20, con queste parole: «Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome» (Gv 20,30-31). 

Da queste parole emerge un pensiero importante, che ritroveremo anche nella seconda finale, al termine del capitolo 21, che è aggiunto da uno scrittore anonimo dopo la morte dello stesso Giovanni. 

Nella terza manifestazione di Gesù dopo la risurrezione, troviamo una concentrazione precisa del narratore, prima su Simon Pietro, e poi Giovanni, anche se non è nominato: si fa capire al lettore del Vangelo che Giovanni è già morto a quel tempo, contrariamente all’idea che si erano fatti alcuni: «si era diffusa tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù, però, non gli aveva detto che non sarebbe morto» (Gv 21,23). 

Ma andiamo a leggere: «Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli.  Disse loro Simon Pietro: “Io vado a pescare”. Gli dissero: “Veniamo anche noi con te”. Allora uscirono e salirono sulla barca, ma quella notte non presero nulla. Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù.  Gesù disse loro: ““Figlioli, non avete nulla da mangiare?”. Gli risposero: “No”.  Allora egli disse loro: “Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete”. La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: “È il Signore!”. Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: “Portate un po’ del pesce che avete preso ora”. Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: “Venite a mangiare”. E nessuno dei discepoli osava domandargli: “Chi sei?”, perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti» (Gv 21,1-14). 

Sono tanti gli spunti che si ritrovano in questo testo, dal ritorno all’antico mestiere di pescatori, spinti dallo stesso Pietro, alla misteriosa manifestazione sulla riva del mare del Signore. La pesca notturna non ha dato frutto, ma la richiesta di Gesù («figlioli, non avete nulla da mangiare?») crea le condizioni per una pesca straordinaria, fuori da ogni abitudine: «gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». Il risultato è una quantità esorbitante di pesci: centocinquantatré grossi pesci. Lo scrittore sacro annota anche che la rete che li deve contenere non si spezza, come non è stata stracciata la tunica che i soldati hanno sottratto a Gesù sulla croce.  Così si legge di Pietro, che deve rimettersi la veste per andare incontro a Gesù, e lasciare il ruolo di pescatore, e degli altri discepoli: nessuno osa domandare a Gesù chi è, perché tutti sanno bene che è il Signore.

Simon Pietro, che voleva riprendere il mestiere di pescatore, e con lui alcuni altri discepoli del Signore (in tutto ne vengono rammentati altri sei), sono completamente superati dalle parole di Gesù.  

Quando vengono scritte queste parole Pietro ha già pagato con la morte sulla croce, secondo la tradizione a testa in giù, la sua appartenenza a Cristo e al Vangelo.  

Così, il messaggio del Vangelo arriva a noi, continuando quello che è cominciato in quel lontano mattino sul mare di Tiberiade: «questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera» (Gv 21,24).