Come leggere un testo del Vangelo: due pesi e due misure
Ora, su questo testo, come su molti altri, incombe un pericolo, che non di rado si avverte, in interpretazioni di totale fantasia: il pericolo di attribuire al testo un valore maggiore o minore di quanto l’autore ha voluto trasmettere nella fedeltà all’ispirazione divina.
Se la parola di Dio va letta nello stesso spirito con cui è stata composta dopo essere stata ispirata, come insegna il Concilio Vaticano II (Dei Verbum 12), questo comporta necessariamente il rispetto della parola. Non tanto e non solo perché parola di Dio ma anche per questo motivo.
A chi scrive è capitato, di sentire infatti meditazioni (e/o omelie) in cui, senza rispettare il testo, e anzi gravandolo di un significato inesistente, qualcuno ha detto non: «voi stessi date da mangiare», bensì «date voi stessi da mangiare», quasi che questo cambiamento ingiustificato del testo gli diventi come superiore. L’autore di questi capolavori di fantasia giustifica – o fa giustificare – questa lettura come spirituale, propria di colui che senza motivo pensa di migliorare, senza alcuna necessità, l’interpretazione del Vangelo.
In questa logica qualunque comunicazione verbale e non verbale diventa prigioniera di chi si appropria della parola di Dio, e di Dio che parla attraverso la parola, per mettere sé stesso al centro.
Il testo della versione latina di san Girolamo dice: «in terra pax in hominibus bonae voluntatis». Il termine greco usato indica per sé la buona volontà divina, la sua benevolenza. Ecco perché diverse versioni rendono in questa maniera: «sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
L’indirizzo della lettera enciclica sulla pace di Giovanni XXIII, scritta nel 1963 (Pacem in terris), pochi mesi prima della morte, infatti, così diceva: «ai venerabili fratelli patriarchi, primati arcivescovi, vescovi, … che sono in pace e comunione con la sede apostolica, al clero e ai fedeli di tutto il mondo». Fin qui niente di diverso ma il papa santo si rivolge anche «a tutti gli uomini di buona volontà».
Ora, il testo evangelico dice che la buona volontà, la benevolenza, è di Dio. E tuttavia il papa santo, così amato al tempo, coglie un aspetto forse celato nel testo evangelico, ma che il testo quasi fa scaturire. A differenza dell’esempio raccontato prima, c’è qui un influsso del termine latino che può diventare lo spunto per costruire un quadro totalmente differente.
In questo caso non c’è nessuna forzatura ma uno straordinario, quanto forse dimenticato, colpo d’ali di un mondo e di un tempo carico di attese, passate purtroppo solo negli archivi.
Nel primo caso uno schiaffo al testo, nel secondo lo scaturire di una nuova feconda sorgente di significato.