#Seguimi. La Chiesa italiana riparte dagli adolescenti.

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di Stefano Liccioli · Il lunedì dell’Angelo, giorno tradizionalmente destinato alle gite fuori porta, gli adolescenti italiani sono stati invitati a fare una gita particolare, un pellegrinaggio a Roma (intitolato #Seguimi), convocati da Papa Francesco in piazza San Pietro. Un luogo che, come ha sottolineato il pontefice, poco più di due anni fa aveva fatto da cornice alla sua supplica al Signore per il mondo colpito dalla pandemia. Una piazza allora deserta che in questa occasione è stata gremita da oltre ottantamila ragazzi e ragazze provenienti da tutta Italia. Una delle categorie, infatti, che è stata più penalizzata dalla pandemia è stata proprio quella degli adolescenti. Non tanto in termini di numero di vittime del Covid, ma di conseguenze sociali e psicologiche che gli adolescenti hanno subito a causa dei lunghi periodi di isolamento, della mancanza di socialità e della tensione che è serpeggiata spesso nella nostra società e che si è ripercossa anche su di loro e, direi, soprattutto su di loro. A tutti loro, quelli presenti in piazza, ma idealmente anche quelli di tutto il mondo, il Santo Padre ha rivolto parole di incoraggiamento, modellate non su una mera consolazione umana, ma sulla figura del Risorto.

Ha affermato il Santo Padre:«La vita alle volte ci mette a dura prova, ci fa toccare con mano le nostre fragilità, ci fa sentire nudi, inermi, soli. Quante volte in questo periodo vi siete sentiti soli, lontani dai vostri amici? Quante volte avete avuto paura? Non bisogna vergognarsi di dire: “Ho paura del buio!” Tutti noi abbiamo paura del buio. Le paure vanno dette, le paure si devono esprimere per poterle così cacciare via. Ricordate questo: le paure vanno dette. A chi? Al papà, alla mamma, all’amico, all’amica, alla persona che può aiutarvi. Vanno messe alla luce. E quando le paure, che sono nelle tenebre, vanno nella luce, scoppia la verità. Non scoraggiatevi: se avete paura, mettetela alla luce e vi farà bene». Il messaggio dall’alto valore educativo che, a mio avviso, ha lanciato Bergoglio è stato quello d’imparare a gestire le proprie crisi e paure, piuttosto che rifuggirle. Troppo spesso, invece, anche l’atteggiamento dei genitori nei confronti dei propri figli sembra quello di evitarli gli ostacoli, i momenti di difficoltà che potrebbero incontrare (genitori “spazzaneve” li ha definiti qualcuno), piuttosto che insegnarli ad abitare queste crisi, standoli a fianco, ma senza sostituirsi a loro.

Il Papa ha poi messo in evidenza quella che secondo lui è una caratteristica dei più giovani e cioé il fiuto della realtà, lo stesso fiuto che porta Giovanni, il più giovane degli apostoli, a riconoscere Gesù nell’episodio evangelico dell’apparizione sul lago di Tiberiade (Gv 21,7) da cui Bergoglio ha preso spunto per il suo discorso agli adolscenti:«Non vergognatevi dei vostri slanci di generosità: il fiuto vi porti alla generosità. Buttatevi nella vita. “Eh, Padre, ma io non so nuotare, ho paura della vita!”: avete chi vi accompagna, cercate qualcuno che vi accompagni. Ma non abbiate paura della vita, per favore! Abbiate paura della morte, della morte dell’anima, della morte del futuro, della chiusura del cuore: di questo abbiate paura. Ma della vita, no: la vita è bella, la vita è per viverla e per darla agli altri, la vita è per condividerla con gli altri, non per chiuderla in sé stessa».

Il pontefice, anche in questa occasione, è tornato ad invitare ragazzi e ragazze a buttarsi nella vita, un tema che gli è particolarmente caro perché anche in altre occasioni li ha incoraggiati a non essere spettatori degli accadimenti contemporanei oppure a guardare “la vita dal balcone”. In questa circostanza, però, egli ha messo in risalto il tema della condivisione, del mettersi al servizio degli altri, a fare il bene, per crescere bene, ad aiutare gli altri con il “proprio fiuto”.

In un recente articolo su questa rivista ho spiegato come, a mio avviso, la pandemia abbia accresciuto l’individualismo nella nostra società. Allo stesso tempo, in un’altra occasione, avevo fatto notare come nelle nuove generazioni, secondo certi studi, si sia progressivamente affievolita la disponibilità a mettersi al servizio degli altri. Bene ha fatto, dunque, Papa Francesco a ricordare ai più giovani che non si può essere felici da soli, che il senso più profondo della vita lo si trova nel mettersi a servizio gli uni degli altri e nel costruire una società più giusta e più fraterna.

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Stefano Liccioli

Tutte le storie di: Stefano Liccioli