L’altra pandemia: la guerra. E la terribile situazione nel Tigray etiope.

656 492 Carlo Parenti
  • 0

di Carlo Parenti · Nell’omelia della messa a Santa Marta del 14 maggio 2020, Papa Francesco ha ricordato che oltre al dramma del Covid-19 “ci sono tante altre pandemie che fanno morire la gente e noi non ce ne accorgiamo, guardiamo da un’altra parte. Siamo un po’ incoscienti davanti alle tragedie che in questo momento accadono nel mondo. Soltanto vorrei dirvi una statistica ufficiale dei primi quattro mesi di quest’anno, che non parla della pandemia del coronavirus, parla di un’altra. Nei primi quattro mesi di quest’anno sono morte 3 milioni e 700 mila persone di fame. C’è la pandemia della fame[…]quella della guerra, quella dei bambini senza educazione” e tante altre.

Vorrei qui parlare delle guerre. La massima manifestazione “diabolica” della divisione tragica e distruttiva tra gli uomini e i popoli. Oggi nelle guerre sono coinvolti ben 69 stati e addirittura 837 milizie-guerriglieri e gruppi terroristi-separatisti-anarchici.

I conflitti nel mondo sono in piena espansione e i dati disponibili aggiornati al 31 luglio 2021 (vedi) sono difficilmente riassumibili tante sono le nazioni coinvolte. Provo una sintesi rinviando alla fonte che dà un quadro analitico sconvolgente e individua nominativamente tutti gli eserciti statuali e le milizie anche terroristiche coinvolte. Non vi si considerano peraltro le situazioni legate alla criminalità organizzata (si pensi al Messico dove annualmente i cartelli della droga uccidono mediamente 30 mila persone) che pure devastano il mondo. E poi ci sono situazioni legate all’uso privato di armi (in USA circa 30.000 morti annui). Da aggiungersi gli omicidi “normali). Per l’Onu (vedi), nel 2017 – ultimo dato pubblicato -sono stati 464mila. Circa il numero dei morti in guerra, la contabilità è difficile, ma si stima in 2/300.000 secondo gli anni. Nella sola Siria in 10 anni di conflitto civile si contano, secondo le fonti, tra 384-560 mila morti e 12 milioni di profughi.

AFRICA: (31 Stati e 289 tra milizie-guerrigliere, gruppi terroristi-separatisti-anarchici coinvolti) Punti Caldi: Burkina Faso (scontri tra etnici), Egitto (guerra contro militanti islamici ramo Stato Islamico), Libia (guerra civile in corso), Mali (scontri tra esercito e gruppi ribelli), Mozambico (scontri con ribelli Renamo), Nigeria (guerra contro i militanti islamici), Repubblica Centrafricana (spesso avvengono scontri armati tra musulmani e cristiani), Repubblica Democratica del Congo (guerra contro i gruppi ribelli), Somalia (guerra contro i militanti islamici di al-Shabaab), Sudan (guerra contro i gruppi ribelli nel Darfur), Sud Sudan (scontri con gruppi ribelli), Etiopia e Eritrea (conflitto contro la popolazione etiope del Tigray)

ASIA:(16 Stati e 193 tra milizie-guerriglieri, gruppi terroristi-separatisti-anarchici coinvolti). Punti Caldi: Afghanistan (Talebani hanno preso il potere ad agosto 2021), Birmania-Myanmar (guerra contro i gruppi ribelli), Filippine (guerra contro i militanti islamici), Pakistan (guerra contro i militanti islamici), Thailandia (colpo di Stato dell’esercito Maggio 2014)

EUROPA: (9 Stati e 83 tra milizie-guerriglieri, gruppi terroristi-separatisti-anarchici coinvolti) Punti Caldi: Cecenia (guerra contro i militanti islamici), Daghestan (guerra contro i militanti islamici), Ucraina (Secessione dell’autoproclamata Repubblica Popolare di Donetsk e dell’autoproclamata Repubblica Popolare di Lugansk), Artsakh ex Nagorno-Karabakh (scontri tra esercito Azerbaijan contro esercito Armenia e esercito del Artsakh (ex Nagorno-Karabakh)

MEDIO ORIENTE: (7 Stati e 266 tra milizie-guerriglieri, gruppi terroristi-separatisti-anarchici coinvolti) Punti Caldi: Iraq (guerra contro i militanti islamici dello Stato Islamico), Israele (guerra contro i militanti islamici nella Striscia di Gaza), Siria (guerra civile), Yemen (guerra contro e tra i militanti islamici)

AMERICHE: (7 Stati e 34 tra cartelli della droga, milizie-guerrigliere, gruppi terroristi-separatisti-anarchici coinvolti) Punti Caldi: Colombia (guerra contro i gruppi ribelli), Messico (guerra contro i gruppi del narcotraffico)

TOTALE: Totale degli Stati coinvolti nelle guerre 69; Totale Milizie-guerriglieri e gruppi terroristi-separatisti-anarchici coinvolti 837.

A tutto si devono aggiungere le Regioni e province autonome che lottano per l’Indipendenza: Africa 10; Asia 20; Europa 12; Medio Oriente 2; Oceania 2.

Cosa significhi in spesa per armamenti è intuibile ed inoltre sono cifre che non figurano in quelle militari delle nazioni.

Parlare di tutte è qui impossibile. Voglio però dire di un conflitto che resta ‘invisibile’ agli occhi della comunità internazionale: quello in Tigray.

Sono particolarmente vicino alla popolazione della regione del Tigray, in Etiopia, colpita da una grave crisi umanitaria che espone i più poveri alla carestia. C’è oggi la carestia, c’è la fame lì. Preghiamo insieme affinché cessino immediatamente le violenze, sia garantita a tutti l’assistenza alimentare e sanitaria, e si ripristini al più presto l’armonia sociale”: così al termine della recita dell’Angelus di domenica 13 giugno Papa Francesco ha ricordato la terribile situazione nel Tigray. (Si veda la scheda dell’ISPI) da cui traggo le seguenti notizie.

Migliaia di donne, ragazze e bambine sono vittime di stupri di guerra nella regione del Tigray, in Etiopia settentrionale al confine con l’Eritrea, teatro da mesi di un conflitto che vede l’esercito di Addis Abeba, a cui si sono unite le truppe della vicina Eritrea, in lotta contro il Fronte di liberazione popolare del Tigray (Tplf). Il conflitto ha provocato lo sfollamento interno di migliaia di persone e la fuga di oltre 63mila tigrini nelle regioni confinanti del Sudan orientale, mentre l’Onu ha confermato che i militari bloccano l’accesso alle vie di comunicazione impedendo la distribuzione di cibo e aiuti nella regione dove ormai l’80% della popolazione (6 milioni di persone) rischia di morire di fame. Come se non bastasse, a denunciare il ricorso agli stupri come arma di guerra sono diverse associazioni sul territorio, mentre nella capitale proseguono gli arresti ai danni di giornalisti. Le testimonianze riferiscono di violenze sessuali “diffuse e sistematiche” perpetrate da uomini in uniforme. Nel suo briefing al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il 15 aprile, Mark Lowcock, coordinatore dei soccorsi di emergenza delle Nazioni Unite, ha dichiarato che “non c’è dubbio che la violenza sessuale sia usata in questo conflitto come arma di guerra, come mezzo per umiliare, terrorizzare e traumatizzare un’intera popolazione oggi e una generazione successiva domani”. La gravità e la dimensione di questi reati sessuali sono spaventose, al punto da costituire crimini di guerra e forse anche crimini contro l’umanità.

Secondo l’Onu poi almeno 4,5 milioni di tigrini hanno bisogno urgente di aiuti umanitari e, come denunciato dalla Croce Rossa, mancano farmaci e cure mediche perché l’80% degli ospedali è stato distrutto o saccheggiato.

Diverse testimonianze (vedi) confermano massacri di preti copti ortodossi, suore e fedeli nei luoghi sacri. Mentre chiese e monasteri anche dei primi secoli della cristianità sono stati colpiti, rasi al suolo e saccheggiati e testi sacri millenari trafugati o bruciati.

Le ragioni dello scontro tra il primo ministro etiope Abiy Ahmed (peraltro – ironia della sorte e ennesima “svista” del Comitato per il Nobel norvegese- insignito del premio Nobel per la pace nel 2019), vero responsabile del conflitto, e l’élite tigrina hanno radici ancor più profonde e affondano in una lotta di potere e legittimità tra il governo federale e il Tplf, che si accompagna a odi tribali tra etnie diverse (Amhara, Tigrini, Oromo). La guerra civile è iniziata il 4 novembre 2020, dopo che il governo di Addis Abeba ha accusato il Tplf di aver perpetrato un attacco contro una base militare federale. Inoltre, di fatto l’Eritrea sta approfittando della situazione e interviene nel conflitto per assestare un colpo definitivo ai tigrini, avamposto delle truppe etiopi nei lunghi anni di guerra tra i due paesi. Fino ad ora la comunità internazionale è sostanzialmente rimasta a guardare questa guerra civile. Evitare che l’Etiopia si trasformi in un “nuovo Ruanda” dovrebbe essere una priorità da parte di tutti gli attori coinvolti e della silente comunità internazionale. Preghiamo con Papa Francesco.

image_pdfimage_print