Quando l’Oratorio è un antidoto alla «povertà educativa»
La pandemia non ha però minato completamente la speranza. Questa nota di ottimismo viene da Nado Pagnoncelli, principe dei sondaggisti, che ha esplorato l’universo degli adolescenti dai 14 ai 18 anni. Tralasciando i sintomi della “povertà educativa” peraltro confermati in parte anche dall’indagine condotta da Ipsos per conto della Cei, possiamo dire che sono tre gli aspetti emersi dalla ricerca che lo hanno colpito particolarmente. Quasi un ragazzo su due dichiara di essere non credente (il 47%), ma questo non significa, sottolinea Pagnoncelli, che vi sia un atteggiamento di ostilità rispetto alla Chiesa, ma di distanza. Il 37% degli adolescenti frequenta però l’oratorio, tra questi una parte non piccola è costituita da non credenti. Ciò indica che è probabile che non vi sia una polarizzazione tra chi crede e chi non crede. Il secondo elemento che lo ha colpito molto, relativamente al lockdown, è che hanno saputo cogliere molti aspetti positivi pur in presenza di un impatto negativo sulle proprie relazioni, sulla frequentazione dei propri amici. Riescono ad avere uno sguardo rivolto al futuro che è prevalentemente positivo. Si aspettano sostanzialmente una società diversa, più attenta all’ambiente, più solidale, più inclusiva. Quindi la situazione vissuta non ha minato le loro speranze. C’è poi un terzo aspetto che è sembrato molto interessante a Pagnoncelli: se si analizzano le risposte da parte degli adolescenti più vicini alla Chiesa, cioè coloro che partecipano alla Messa domenicale e hanno un’attività all’interno della parrocchia o in un’organizzazione religiosa, tra questi si registrano atteggiamenti di serenità, di energia, di maggior soddisfazione complessiva.