di Antonio Lovascio · Confesso che leggendo il Report-Caritas sulla “povertà educativa” creata dal Covid, mi è venuta un po’ di nostalgia per il mio vecchio Oratorio cremonese, gestito con tutti i crismi e gli insegnamenti di San Giovanni Bosco e dei Salesiani, coltivati in Italia anche da altri ordini religiosi. Salvo poi scoprire – scorrendo i sondaggi Ipsos per il Progetto “Seme di Vento” della Cei – che, dove esistono, queste strutture sportive e formative comunitarie e parrocchiali fanno ancora la differenza.
Ma partiamo dalle ombre, dalla realtà più amara. L’indagine della Caritas tra presidi e docenti attesta purtroppo che la pandemia ha sicuramente aggravato le diseguaglianze presenti tra i giovani e nel mondo della scuola. Quindi è quanto mai opportuno che il governo e tutta la società mettano tra le priorità la cosiddetta “povertà educativa”, per trovare in questa ripartenza tutte le contromisure, tenendo conto di quanto è accaduto ai più piccoli in questo periodo di prolungata emergenza sanitaria e sociale. Secondo i docenti interpellati, i soggetti che hanno visto aggravare maggiormente la propria condizione nel corso dell’ultimo anno scolastico «sono prevalentemente: gli alunni con minori competenze linguistiche; i meno seguiti dai genitori; nonché coloro che, a causa delle condizioni economiche, sociali, e culturali delle famiglie, potevano contare su minori risorse materiali e simboliche». Le situazioni di difficoltà sperimentate dai ragazzi, si legge nel rapporto, «possono essersi tradotte in un allontanamento, fisico o emotivo, rispetto alla scuola. Nella percezione di poco meno della metà degli insegnanti della Media di secondo grado (49%), sono aumentati i casi di dispersione». Il Report, oltre a inquadrare le nuove difficoltà che la pandemia ha portato con sé, segnala alcune iniziative che stanno nascendo per rispondere ai bisogni dei vari contesti. Piccoli e grandi progetti che provano ad intercettare i minori per affiancarli e supportarli in questo momento di grande incertezza.
La pandemia non ha però minato completamente la speranza. Questa nota di ottimismo viene da Nado Pagnoncelli, principe dei sondaggisti, che ha esplorato l’universo degli adolescenti dai 14 ai 18 anni. Tralasciando i sintomi della “povertà educativa” peraltro confermati in parte anche dall’indagine condotta da Ipsos per conto della Cei, possiamo dire che sono tre gli aspetti emersi dalla ricerca che lo hanno colpito particolarmente. Quasi un ragazzo su due dichiara di essere non credente (il 47%), ma questo non significa, sottolinea Pagnoncelli, che vi sia un atteggiamento di ostilità rispetto alla Chiesa, ma di distanza. Il 37% degli adolescenti frequenta però l’oratorio, tra questi una parte non piccola è costituita da non credenti. Ciò indica che è probabile che non vi sia una polarizzazione tra chi crede e chi non crede. Il secondo elemento che lo ha colpito molto, relativamente al lockdown, è che hanno saputo cogliere molti aspetti positivi pur in presenza di un impatto negativo sulle proprie relazioni, sulla frequentazione dei propri amici. Riescono ad avere uno sguardo rivolto al futuro che è prevalentemente positivo. Si aspettano sostanzialmente una società diversa, più attenta all’ambiente, più solidale, più inclusiva. Quindi la situazione vissuta non ha minato le loro speranze. C’è poi un terzo aspetto che è sembrato molto interessante a Pagnoncelli: se si analizzano le risposte da parte degli adolescenti più vicini alla Chiesa, cioè coloro che partecipano alla Messa domenicale e hanno un’attività all’interno della parrocchia o in un’organizzazione religiosa, tra questi si registrano atteggiamenti di serenità, di energia, di maggior soddisfazione complessiva.
Dopo questa analisi, ecco l’opportunità di ritornare a scommettere sugli Oratori come luoghi di accoglienza ospitale e formativa, seguendo i suggerimenti del Servizio per la pastorale giovanile della Cei: “Seme diVento” fa riferimento all’adolescenza come ad “un momento di semina” e, con un gioco di parole, ricorda che ’il termine ‘divento’ non indica solo il divenire, ma anche l’idea di una pedagogia che tiene conto dell’aspetto umano e del vento dello Spirito che rinnova la vita. Le comunità ecclesiali come la Scuola e la Società hanno davanti un compito impegnativo per arginare la “povertà educativa”. Potranno assolverlo cooperando, percorrendo la via della creatività, condividendo l’esortazione che Papa Francesco ha rivolto recentemente alla Caritas: << Non lasciatevi scoraggiare di fronte ai numeri crescenti di nuovi poveri e di nuove povertà. Ce ne sono tante e crescono! Continuate a coltivare sogni di fraternità e ad essere segni di speranza. Contro il virus del pessimismo, immunizzatevi condividendo la gioia di essere una grande famiglia. In questa atmosfera fraterna lo Spirito Santo, che è creatore e creativo, e anche poeta, suggerirà idee nuove, adatte ai tempi che viviamo>>.