di Alessandro Clemenzia · Il rapporto tra Chiesa locale e Chiesa universale è così intimo, che il discorso tenuto da Papa Francesco ai fedeli della diocesi di Roma (18 settembre 2021) ha di per sé un orizzonte e una “visione” che non si limitano a una particolare situazione diocesana, ma abbracciano tutta la Chiesa di Cristo. Il tema affrontato e approfondito è soprattutto il processo sinodale che vede coinvolte tutte le Chiese locali, fondato sui tre pilastri: comunicazione, partecipazione, missione.
Ai tanti, che in un modo o nell’altro si domandano in cosa consista questo “processo” rispetto al ben più preciso significato che, nel corso dei secoli, ha assunto il termine “sinodo”, il Papa risponde che ciò che sta al centro e determina il cammino è un «dinamismo di ascolto reciproco», condotto nella Chiesa su tutti i livelli: si tratta di un vero e proprio un inter-ascolto. Ciò tuttavia non significa creare degli spazi o delle strutture al fine di scambiarsi opinioni su temi scottanti e di attualità, come fosse un’inchiesta, «ma si tratta di ascoltare lo Spirito Santo».
Questa affermazione, però, non nega la precedente: l’ascolto tra tutti e il porre l’attenzione alla voce dello Spirito non sono due movimenti distinti, uno orizzontale e l’altro verticale, ma l’uno è dato nell’altro. Certamente la voce dello Spirito, come brezza leggera, deve essere “sentita”, “colta” e “interpretata”.
Il tema della verticalità e orizzontalità si ritrova in un passaggio successivo, lì dove si spiega in cosa consista la sinodalità: non è un trattato di ecclesiologia, oppure una moda o uno slogan, ma è la natura, la forma, lo stile della Chiesa. Il libro degli Atti degli Apostoli mostra chiaramente che consiste nel “camminare insieme”, ma questo andare è determinato dalla presenza della Parola di Dio, capace di camminare accanto alla creatura, raggiungendo il suo ritmo e facendosi sua compagna.
Questa presenza, contro ogni forma di moralismo, non rende più puro il suo popolo, ma – come è avvento con Pietro e Paolo – lo spinge «a osare, domandare, ricredersi, sbagliare e imparare dagli errori, soprattutto di sperare nonostante le difficoltà». In questo consiste – spiega sempre il Papa – essere discepoli dello Spirito Santo. Una visione riduttiva e moralistica della presenza di Dio può portare molto facilmente a interpretare le diversità di vedute come uno scandalo, come una contaminazione dell’unità della Chiesa; uno sguardo radicalmente distante da quello di Dio: «Dio vede lontano, Dio non ha fretta. La rigidità è un’altra perversione che è un peccato contro la pazienza di Dio, è un peccato contro questa sovranità di Dio». Una grande tentazione per tutti i credenti è quella di interpretare persone e situazioni dividendole in “pure” e “impure”, come se il proprio giudizio fosse in grado, da solo, di cogliere il senso più profondo della realtà, «come se, asceso al Cielo, il Signore avesse lasciato un vuoto da riempire, e lo riempiamo noi. No, il Signore ci ha lasciato lo Spirito». Per trovare l’unità nel conflitto è necessario cogliere proprio in esso la voce di Dio che continua a parlare “in mezzo” al suo popolo.
C’è una grande differenza, spiega sempre Francesco, tra l’opinione e il sensus fidei: non si tratta di raggiungere maggioranze o minoranze di pensiero, ma di riconoscere l’azione dello Spirito (che non conosce confini, «e non si lascia nemmeno limitare dalle appartenenze») nella stessa dinamica ecclesiale di inter-ascolto, coinvolgendo tutto il popolo di Dio. In questo senso va riconosciuta la valenza ecclesiale di ogni dono ricevuto personalmente: la grazia donata al singolo io è già all’insegna del noi comunitario: «il dono è per donarlo: questa è la vocazione. È un dono che qualcuno riceve per tutti, che noi abbiamo ricevuto per gli altri, è un dono che è anche una responsabilità».
Recuperando un episodio raccontato nel libro dei Numeri (capitolo 22), dove il Signore, attraverso un’asina, ha aperto gli occhi a Balaam, trasformando un’azione di morte in una missione di vita, Francesco mostra come la voce dello Spirito sia capace di raggiungere la sua Chiesa anche attraverso le azioni sbagliate dei singoli. Ciò che rimane comunque essenziale è avere uno sguardo e un udito capaci di cogliere la verticalità dell’orizzontalità: «Preparatevi alle sorprese. […] Lo Spirito farà sentire sempre la sua voce».