Andare e inculturarsi. Il recente discorso del papa ai catechisti
di Francesco Vermigli · Il 17 settembre scorso, nella Sala Clementina il papa ha tenuto un discorso ai partecipanti all’incontro promosso dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione dal titolo Catechesi e catechisti per la nuova evangelizzazione. L’incontro era destinato alla verifica della ricezione che il nuovo Direttorio per la catechesi ha avuto in quest’ultimo anno: cioè dal momento della sua pubblicazione, avvenuta a cura dello stesso Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Il discorso che intendiamo presentare è un discorso breve, ma denso, nel quale papa Francesco ha proposto i passaggi fondamentali per un ministero catechistico all’altezza dei tempi.
Direttorio (vedi). Anche là, cioè, notavamo quanto il cuore della catechesi, la parte più radicale e intima della trasmissione della fede consista proprio in questa capacità di raccontare la salvezza, di far sentire agli uomini di ogni luogo e di ogni età il sapore di Cristo (cf. 2Cor 2,15), far gustare a tutti quanto è buono il Signore (cf. Sal 34,9).
In effetti il discorso del 17 settembre rimanda in un luogo a quello tenuto lunedì 13 settembre nella Cattedrale di Bratislava, in occasione dell’incontro con vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose, seminaristi e catechisti. Rimanda cioè ad un incontro tenuto in quella zona dell’Europa che ha conosciuto in una maniera singolarissima la necessità dell’inculturazione di fronte all’incontro con popolazioni prima germaniche (Wynfrith / Bonifacio), poi ugro-finniche (Stefano d’Ungheria), quindi slave (Cirillo e Metodio). A ben vedere questa seconda tematica – l’appello che il papa fa ad una catechesi capace di inculturarsi nelle realtà dei popoli, nel loro vissuto, l’invito a parlare la loro stessa lingua esistenziale – richiama un altro memorabile discorso del papa, tenuto all’inizio di quest’anno ai partecipanti ad un incontro promosso dall’Ufficio Catechistico Nazionale. Là il papa aveva ricordato come la catechesi sia da dirsi “in dialetto”, perché essa deve parlare le parole più comuni e abituali della vita. La fede infatti si trasmette in dialetto.