La vita cristiana come conversione negli Insegnamenti di Paolo VI

La vita cristiana «è caratterizzata da uno sforzo continuo e progressivo di rinnovamento e perfezionamento». In quanto vita, essa deve essere «in un continuo ricambio, in una continua purificazione, in un continuo accrescimento». Ma come esiste una stabilità nell’essere propria di ogni vivente, così la vita cristiana trova nel suo carattere battesimale il proprio centro di unità: «Il principio aristotelico della immobilità del centro come principio della mobilità del cerchio intorno al centro, rispecchia bene la vita cristiana. Fissità e novità: sono termini che riguardano essenzialmente la vita cristiana, simultaneamente».

Il pensiero di Paolo VI sulla vita come conversione si fonda su quella che potremmo definire la sua filosofia del tempo: «Noi cristiani dobbiamo considerare questo nostro pellegrinaggio nel mondo non come una serie di momenti staccati, che non abbiano l’uno con l’altro riferimenti di solidarietà. Siamo, invece, tenuti a riguardarli come una cosa sola, quasi un nastro che ha coerenza dentro di sé. Ivi, infatti, è un continuato disegno. I mutamenti che si succedono sono collegati da un vincolo interiore, o di passaggio di grazia o dal susseguirsi di responsabilità, sì che un momento influisce sull’altro. Oggi siamo alla scelta per il domani, al mattino lo siamo per la sera, e così via. Si troverà nella preghiera la base e il collegamento che unisce a catena gli anelli delle diverse ore».

Bisogna dare a se stessi, sottolinea Paolo VI, «un punto di riferimento, un polo direttivo, un senso (cioè un significato e un indirizzo) per la vita, affinché sia vera­mente umana, sia cristiana». È questa la «metánoia, cioè la rettifica della propria mentalità in ordine alla vera e indispensabile interpretazione della vita».

Per il cristiano si prospetta così come permanentemente necessaria una sorta di analisi religiosa del proprio spirito: «dobbiamo ripiegarci sopra noi stessi per esaminare quale sia la vera direzione principale della nostra vita, quale sia cioè il movente abituale e prevalente del nostro modo di pensare e di agire, quale sia la nostra ra­gione di vivere, quale lo stile morale della nostra perso­nalità».

Occorre una pianificazione della vita operativa che parta da alcuni interrogativi fondamentali: «Che cosa io desidero di più nella mia vita? Che cosa influisce sulle mie scelte? Che cosa considero più importante? Dov’è ri­volto il mio amore primario? Qual è il criterio che più in­fluisce sulla mia coscienza? Che cosa mi preme sopra ogni altra cosa? Qual è il primo precetto del mio vivere? ».

Questo «orientamento coraggioso da imprimere nella no­stra vita cristiana», comporta, come già sottolineato, una profonda dimensione ascetica: L’ascesi cristiana, secondo Papa Montini, «consiste in uno sforzo abituale della buona volontà, una tensione morale vigilante e perseverante della coscienza sopra il dominio delle proprie azioni, una attitudine normale di autogoverno, di padronanza di sé, nell’intento di unificare il complesso meccanismo psicologico dei propri istinti, delle proprie passioni, dei propri sentimenti, delle proprie reazioni interiori ed esteriori, dei propri pensieri, sotto un unico comando direttivo, l’amor di Dio e del prossimo, norma suprema e vitale della personalità cristiana».

La croce, ricorda ancora Paolo VI «non solo fa parte, ma costituisce il centro del mistero d’amore, che abbiamo scelto come vero e totale programma della nostra rinnovata esistenza».

La coscienza del peccato è una realtà «alla quale l’uomo, di solito, cerca di sottrarsi», constata il Papa, essa «suppone la fede nel rapporto che intercede fra la nostra vita e l’inviolabile e vigilante legge di Dio». Tale fede risulta oggi per molti versi in crisi ma, prescindendo da essa, l’uomo non può comprendersi realmente.