di Stefano Liccioli • Non è la prima volta che scrivo a proposito del rapporto tra i giovani e la fede. Il motivo è che lo ritengo un problema tutt’altro che marginale quando si riflette sul mondo giovanile, ma anche perché negli ultimi anni c’è stata una serie di pubblicazioni che hanno approfondito questo tema, chiedendosi se, per esempio, si possa davvero parlare di generazioni senza Dio. Dopo aver recensito il libro di Paola Bignardi e Rita Bichi, “Dio a modo mio”, questa volta mi soffermerò sul testo di Franco Garelli “Piccoli atei crescono” edito da Il Mulino nel 2016.
Garelli, che insegna Sociologia dei processi culturali e Sociologia della religione all’Università di Torino, osserva che nel mondo giovanile si registra un forte aumento dei non credenti, «un fenomeno che si manifesta in forme diverse, componendosi di atei convinti, di indifferenti alla fede religiosa, ma anche di giovani che pur mantenendo un qualche legame con il cattolicesimo di fatto non credono in una realtà trascendente». Un atteggiamento di ateismo o indifferenza religiosa che i giovani non hanno ereditato dal proprio nucleo familiare, spesso di cultura cattolica. Tali convinzioni porta comunque molti giovani non credenti a ritenere che sia sensato credere in Dio anche nella società contemporanea, «riconoscendo la validità per altri di una scelta di fede che ad essi appare insignificante». D’altra parte tra i giovani credenti si ammette che è difficile professare una fede religiosa nelle attuali condizioni di vita, in quella che viene definita società liquida.
L’autore mette in risalto anche un altro tratto del mondo giovanile e cioé la critica dei modelli religiosi prevalenti nel nostro contesto sociale e soprattutto nei confronti della Chiesa Cattolica «ritenuta antiquata in campo etico, chiusa nelle sue certezze dottrinali, poco in sintonia con il messaggio che proclama». A tal proposito, però, ci sono dei distinguo e non pochi giovani (credenti e non) apprezzano l’operato di figure ecclesiali come i preti di strada, quelli anticamorra, a tutti coloro che nella Chiesa di adoperano per tenere aperti gli oratori, per stare vicino agli ultimi nei quartieri degradati o nei luoghi di frontiera. Tra le figure da salvare viene annoverato papa Francesco, apprezzato per la sua vena “antistituzionale”.
Franco Garelli sottolinea poi un fatto, a suo dire, curioso. Molti degli under 30 italiani hanno della Chiesa cattolica «un’immagine negativa di cui non sembra esservi particolare riscontro nel loro vissuto, non giustificabile sulla base delle esperienze da essi effettuate negli ambienti ecclesiali». Non sempre il vissuto, commenta Garelli, ci offre una chiave di lettura della realtà, in una società globale che amplifica e condiziona la nostra visione del mondo.
Se dunque i giovani ammettono di credere di meno rispetto alle generazioni precedenti, d’altra parte affermano di essere alla ricerca di una fede religiosa o di forme di spiritualità più coerenti con la coscienza moderna. L’idea di spiritualità è piuttosto nebulosa: alcuni la vivono nella religione in cui più si riconoscono, altri in maniera profana, altri ancora la valorizzano per migliorare se stessi dal punto di vista umano ed interiore. La spiritualità, conclude Garelli, sembra essere così una sorta «di “zona intermedia” tra i non credenti ed i credenti, tra quanti negano Dio o sono indifferenti alla religione e quanti invece si riconoscono in una realtà trascendente».