Papa Francesco, Madre Teresa ed i “Potenti senza aureola”

Mi ha colpito, lo confesso, l’insistenza del Pontefice sui “crimini della povertà” creati dai “potenti della terra”. Mentre il G20 era riunito in Cina, a Hangzhou, mentre appunto i cosiddetti Grandi discutevano di crescita, immigrazione, della guerra di Siria e di protezionismo, dal cuore della Chiesa universale sì è elevato un inequivocabile  j’accuse contro coloro che non solo lasciano gli sventurati nella loro miseria, ma continuano a compiere “crimini” sfruttando l’indigenza, parlando di pace e favorendo invece la guerra con la vendita di armi.

per un mondo in cui la povertà è stata e viene tuttora “creata”. Perché aveva il coraggio di scuotere i Capi di Stato, di trattare il presidente americano Ronald Reagan come uno studentello: nel 1986 “assediò” la Casa Bianca, fin quando non riuscì a portare aiuti alla città sudanese di Giuba, a maggioranza cristiana, con la popolazione allo stremo che stava morendo di fame. I guerriglieri l’avevano circondata e il governo del Sudan non faceva nulla per liberarla. Grazie all’intervento di Reagan e del suo vice George Bush fu aperto un corridoio umanitario: con un aereo carico di cibo e medicinali atterrò a Giuba.

Oggi non c’è più Madre Teresa e tocca direttamente al Papa strigliare i Potenti. Lo ha fatto ripetutamente in questi mesi, l’ultima volta da Assisi incitando alla fratellanza delle Religioni,condannando il fondamentalismo, ma allo stesso tempo invitando l’Europa e gli altri Continenti alla Cooperazione, per eliminare le diseguaglianze aumentate con la depressione economica. Così come un messaggio indiretto alla coscienza del mondo aveva appunto lanciato in occasione dell’ultimo G20 a presidenza cinese tenutosi a Hangzhou, da molti osservatori commentato per la sua debolezza in termini di accordi vincolanti tra i 20 maggiori Paesi sviluppati e per i contrasti irrisolti tra Russia e Usa. Troppo poco credito si è dato alla decisa spinta cinese, con manifesta aspirazione a leadership, nella diagnosi di una situazione mondiale piena di squilibri e diseguaglianze che richiedono azioni concrete e di lunga durata. Troppi hanno invece considerato questi indirizzi come “genericità” o “parole” quando non addirittura “chiacchiere”. È una visione scettica o rassegnata per non dire cinica, come ha sottolineato Alberto Quadrio Curzio su “Il Sole-24 Ore” dell’8 settembre. Oppure è la convinzione implicita che contano solo le forze prevaricanti, ovvero la violenza purché legalizzata, con questo non riconoscendo quanto hanno fatto nel Novecento per il bene dell’umanità leader pacifici ma forti, visionari ma determinati, idealisti ma concreti. Si pensi a Gandhi per la fine del colonialismo, a Martin Luther King per la fine delle segregazioni razziali in Usa, a Papa Wojtyła per la fine dell’impero sovietico. Personaggi capaci anche di cogliere il momento storico per orientarlo al bene comune. Anche i grandi leader politici, come Roosevelt e Churchill, che dovettero usare la forza delle armi per sconfiggere il nazismo, erano guidati da ideali come lo erano i fondatori della Comunità europea.

Questa capacità di unire valori ed ideali con concrete scelte politiche è un paradigma esemplare che nel ventunesimo secolo può essere praticato non da singoli leader, ma da organismi collegiali sovranazionali (la Ue) e mondiali (il G20 e l’Onu). Purchè non siano aride sigle, ma interpreti dei bisogni reali delle loro Comunità. Forse anche a questo pensava Papa Francesco parlando del rapporto, non certo di sottomissione, tra la “suora tutor del Papato” ed i Potenti della Terra.