La maieutica, la manuductio e l’insegnamento online
di Laurence Godin-Tremblay · In questi tempi di pandemia, le nostre vite si sono trasformate; si pensi all’insegnamento, offerto sempre più online. Quest’uso del mondo virtuale costringe a riflettere di nuovo sull’educazione e sulla pedagogia. Per questa riflessione, possono essere utili le figure di due filosofi, Socrate e Tommaso d’Aquino.
Nella Grecia antica, esistevano due tipi di insegnamento: quello dei sofisti e quello di Socrate. Mentre i sofisti pretendevano essere saggi, Socrate diceva di non saper niente e paragonava se stesso a sua madre, che faceva la levatrice. Il nostro filosofo praticava infatti la maieutica (ἡ μαιευτική), cioè l’arte di far partorire. Socrate pretendeva saper far “partorire” il suo interlocutore, non tirando fuori da lui bambini, ma idee (Cf. Teeteto, 150b). E come la levatrice, il filosofo greco sapeva distinguere le opinioni vere da quelle false. In entrambi casi (nel parto di un’opinione vera o in quello di un’opinione falsa), l’interlocutore di Socrate progrediva in sapienza, sia per aver trovato una conoscenza vera, sia per esser stato liberato da una falsità. Infatti, è la sorte che subisce Teeteto alla fine del dialogo eponimo (Teeteto, 210c).
Tommaso non tratta nelle sue opere dell’importanza del dialogo quanto Socrate. Inoltre non usa metafore per descrivere il suo modo di insegnare. Però, mette in evidenza uno strumento indispensabile per ogni professore, cioè la manuductio (guidare per mano). Nella sua Summa, troviamo infatti l’uso del verbo corrispondente per descrivere questa pedagogia essenziale: «l’intelligenza dello studente è condotta per la mano (manuducitur) nella conoscenza della verità ignorata» (ST, I, q. 117, c). In questo passo, Tommaso mostra di voler sempre partire da ciò che è già noto allo studente, in modo da condurlo avanti, verso ciò che lui per il momento ignora.
In sintesi, nella visione sia di Socrate sia di Tommaso, l’insegnante deve conoscere bene gli studenti a cui parla. Per il filosofo greco, si rivela necessario per fare “partorire” il discepolo e, nel caso del filosofo medievale, per partire da ciò che lo studente conosce già. Questa conoscenza intima dello studente diventa però una sfida oggi, visto che l’insegnamento online non permette un rapporto diretto fra professori e studenti: il dialogo diventa in generale più complicato. Quando gli studenti chiudono le loro videocamere poi, si perde il linguaggio non-verbale, che basta talvolta al professore per capire se gli studenti siano in grado o meno di seguire la lezione.
Avendo avuto l’occasione di insegnare lo stesso corso di logica aristotelica sia in presenza sia nella sua versione online, posso testimoniare quanto sia facile trattare gli studenti online come dei numeri, di cui non si conosce niente. E ho potuto anche valutare concretamente la differenza fra i due modi di insegnare, al momento degli esami. Questi esami, infatti, risultavano troppo difficili per gli studenti online; confermando la mia intuizione che non si impara bene quanto quando c’è fra il professore e lo studente un rapporto personale.