Ugo Vanni e il Libro dell’Apocalisse
di Stefano Tarocchi • Di ritorno da un recente viaggio in Turchia alla ricerca delle chiese dell’Apocalisse, i cui resti più o meno importanti ho potuto vedere nell’interezza per la prima volta – la differenza sostanziale è data dalla loro collocazione all’interno dell’area urbana della città attuale –, il mio ricordo non può non andare alla memoria del padre Ugo Vanni, gesuita, nato in Argentina nel 1929 e morto a Roma nel luglio scorso, dopo una lunga malattia che l’aveva debilitato ma non aveva minato la sottile intelligenza.
Il padre Ugo Vanni è nato a Jesús María (Argentina) il 26 settembre 1929 ed è stato ordinato sacerdote il 9 luglio 1960. Gesuita, ha conseguito la licenza in filosofia e teologia presso la Pontificia Università Gregoriana, la laurea in lettere classiche presso l’Università statale di Roma e la laurea in Scienze Bibliche al Pontificio Istituto Biblico.
Sono stato studente di padre Ugo negli anni 1980-83 al pontificio istituto biblico e sotto la sua guida ha condotto la tesi di licenza in Sacra Scrittura per l’appunto sulla lettera alla chiesa di Laodicea nel capitolo terzo dell’apocalisse. Di padre Ugo, che aveva stretti contatti attraverso la famiglia con la città di Firenze, vorrei ricordare anche la sua partecipazione al Dies academicus della Facoltà Teologica dell’Italia Centrale nel 2010: vi svolse una relazione sull’autore dell’Apocalisse medesima poi pubblicata nella rivista Vivens Homo della nostra facoltà.
Vorrei rammentare anche il sorriso e l’ironia leggera di questo grande esegeta, come pure la grande sapienza nell’introdurre i suoi studenti ad una letteratura difficile come quella dell’ultimo libro del Nuovo Testamento, e quindi delle Sacre Scritture.
Ai tempi dei miei studi, fra noi studenti circolava voce che padre Vanni era stato penalizzato accademicamente per l’essere lui italiano, al tempo in cui al Biblico di Roma insegnavano grandi maestri di altre nazionalità: da Vanhoye a De La Potterie e Alonso Schoekel. Forse non era vera l’illazione, ma certo non si può dire che incarnasse l’accademico alquanto distante dagli studenti.
L’Apocalisse era il suo insegnamento fondamentale nonostante che le pubblicazioni di cui diremo, abbiano spaziato, tra la letteratura giovannea appunto e le lettere paoline e quelle apostoliche. Padre Vanni ha infatti insegnato per molti anni esegesi del Nuovo Testamento alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Istituto Biblico, pubblicando nel frattempo numerosi studi e impegnandosi anche in varie attività pastorali.
Com’è noto l’Apocalisse fu pubblicata da un discepolo anonimo del gruppo dei discepoli di Giovanni sotto il nome di quest’ultimo, probabilmente al tempo ed in corrispondenza della persecuzione di Domiziano, verso la fine del I secolo.
Quella letteratura nata in tempi in cui i discepoli del Cristo vivono la loro fede in tempi quando il volto ostile ed arcigno del potere in ogni sua forma li sfida fino al sacrificio totale, attraverso l’esegesi profonda e tuttavia leggera di padre Ugo, lasciava emergere il suo senso perennemente attuale di una lettura sapienziale della storia, valida per ogni tempo. Come ebbe a dire uno studioso «la letteratura apocalittica nasce per aiutare a sopportare l’insopportabile» (P. Beauchamp). Nasce cioè in momenti di estrema crisi per portare un messaggio di speranza: anche se il male sembra prevalere, bisogna aver fiducia nella vittoria finale di quanti sono sotto la protezione divina.
Non va dimenticato, inoltre, che questo libro, come sa ogni suo lettore appassionato, è amato in maniera direi quasi smisurata da coloro che lo apprezzano e ignorato immeritatamente da quanti invece non sanno trovare la pazienza di decifrarne ogni singolo passaggio.
Proprio nelle lettere alle sette chiese («quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese: a Èfeso, a Smirne, a Pèrgamo, a Tiàtira, a Sardi, a Filadèlfia e a Laodicèa»: Ap 1,1) che si leggono dopo la visione iniziale della rivelazione del Cristo al veggente di Patmos. Questi nel giorno del Signore sperimenta la sapienza e la sua passione verso la chiesa universale disegnata però dal quadro a tinte chiaro-scure delle chiese.