di Antonio Lovascio • Il grande gelo tra Obama e Putin, l’escalation delle tensioni tra Stati Uniti e Russia (dai selvaggi bombardamenti di Aleppo al nucleare, fino alle accuse rivolte a Mosca di manipolare le Elezioni USA 2016 a favore di Donald Trump, con attacchi hacker) fanno pensare ad un ritorno alla “Guerra Fredda” tra quelli che sono stati sempre considerati i “guardiani del mondo”. E’ già di per sé scioccante che l’America – considerata un baluardo dei sistemi democratici (anche se in ritirata in varie regioni, dalle Filippine al Medio Oriente , in difficoltà anche in Europa nonostante le rassicurazioni date alla Casa Bianca dal nostro premier nella sua recente visita-endorsement) – abbia vissuto la sua vigilia elettorale in un clima di paura.
Nonostante questi segnali preoccupanti possiamo dire che un conflitto armato almeno per ora non è dietro l’angolo. Ma basterebbe un incidente o un’ulteriore provocazione per accenderlo. Anche perché la politica, in Russia ma pure negli Usa e in alcuni Pesi europei, non sembra in grado di controllare fino in fondo il bellicoso arcipelago abitato da militari, da Servizi segreti, da industrie della difesa, da falchi nazionalisti che odiano la diplomazia ed hanno il grilletto facile. Come faceva notare nei giorni scorsi sul “Corriere della Sera” un commentatore di lunga esperienza, Franco Venturini. Questa progressiva, terrificante evoluzione è in atto su entrambi i fronti da due anni e mezzo. Da quando Putin – sempre più condizionato dai militari – assumendosi una pesante responsabilità decise di annettersi la Crimea. Ma ora si è imboccata una strada di non facile ritorno. Le interferenze degli hacker russi nella campagna elettorale Usa, il fallimento della tregua in Siria dopo l’iniziale accordo tra Kerry e Lavrov, lo schieramento di missili Iskander a capacità nucleare nell’enclave di Kaliningrad, la moltiplicazione dei voli militari russi al limite degli spazi aerei dei Paesi della Nato, e soprattutto il supporto al selvaggio bombardamento siriano di Aleppo, sono stati accompagnati da accuse che nemmeno durante la guerra fredda venivano utilizzate.
In Occidente qualcuno pensa che la Russia (sempre più decisa ad estendere la sua influenza nel Mediterraneo) debba rispondere di crimini di guerra per il massacro di bambini innocenti. Ma l’Europa – frenata da Matteo Renzi, che forse vuole tutelare gli interessi commerciali delle nostre aziende – non trova l’accordo per punirla con ulteriori sanzioni. A Mosca, con un’espressione che agli osservatori internazionali è parsa ancor più intimidatoria, è stato fatto notare che l’aggressività americana pregiudica gli interessi nazionali della Russia. E se si considera che Hillary Clinton (indicata da sondaggi come la probabile prossima presidente degli Stati Uniti) ha sempre avuto rapporti a dir poco tesi con il leader del Cremlino, diventa più che lecito domandarsi verso quale imminente futuro si stiano muovendo le relazioni russo-americane e dunque anche quelle russo-europee.
Siamo di fronte ad una grossa incognita. Quelli della prima “Guerra Fredda” erano altri tempi. E malgrado le tensioni abbiano superato a volte il limite di guardia (Cuba 1962), il braccio di ferro tra Mosca e Washington non è mai degenerato e sfociato in un vero e proprio conflitto. Così quei decenni sono stati momenti di pace, come hanno spiegato in un interessante confronto il filosofo Emanuele Severino e Sergio Romano, storico e ancor prima ambasciatore della Farnesina nell’Unione Sovietica di Gorbaciov. Mentre oggi, venuto meno quell’ “asse di equilibrio”, assistiamo a crescenti e violente fibrillazioni planetarie.
Allora i rischi erano nettamente inferiori: c’era la consapevolezza che uno scontro atomico Usa-Urss avrebbe completamente distrutto l’umanità ricca; e lasciato lo scettro di padroni della Terra alle grandi masse del Sud e dell’Oriente, proprio mentre stava crescendo la pressione del Terzo Mondo sulle società più avanzate. Ponendosi alla guida dei popoli poveri, l’Urss, pur sfruttando a proprio vantaggio la loro indigenza, esercitava insieme il controllo e il contenimento della spinta sulle società capitalistiche. Con la fine dell’Unione Sovietica. è venuta meno questa protezione. E’ esploso l’Islam. Sono aumentate le paure dei Paesi occidentali. Il freno e il controllo che la parte musulmana più responsabile può esercitare sulle punte più estremistiche è quasi impercettibile. Con l’attentato alle Torri Gemelle ed il diffondersi del terrorismo arabo, siamo entrati in una sorta di nuova Guerra Mondiale, “combattuta a pezzi”, come dice Papa Francesco: a differenza delle precedenti, non è sempre ben chiaro chi la combatte. Assad è un nemico dichiarato per le spietate repressioni, ma diventa quasi un alleato quando gli si chiede di far passare dallo spazio aereo siriano bombardieri per colpire altre regioni del Medio Oriente. Il fuoco in Afghanistan sta durando due volte e mezzo il secondo conflitto planetario.
Il mondo è un focolaio ardente ed infinito. Il progresso tecnologico permette ai fanatici e ben addestrati terroristi dell’Isis di colpire contemporaneamente in due o tre continenti, seminando terrore, morte e mettendo in crisi (cosa mai avvenuta in passato) le due grandi potenze, che – come abbiamo visto – stanno purtroppo scivolando sul crinale di una nuova “Guerra Fredda”.