«In toto partem non est dubium contineri». La trasversalità di un aforisma

buongoverno4di Alessandro Clemenzia «In toto partem non est dubium contineri»: si tratta di uno degli aforismi giuridici raccolti dal giureconsulto Dino Mugellano (XIII secolo), riportati in auge da un recente testo di Andrea Drigani, Il senso di un diritto comune. Gli aforismi giuridici di Dino Mugellano (Libreria editrice Fiorentina, 2016). «In toto partem non est dubium contineri» (Regula LXXX). Commenta Drigani: «Questo aforisma […] ricorda che in un’unità organica (totum) vi sono delle partes strutturalmente connesse, come il corpo con le sue membra. Pertanto come quando si parla del corpo umano si intendono, ovviamente, anche le mani e i piedi, così quando si tratta di un corpus giuridico si comprendono pure i vari elementi costitutivi ed essenziali» (p. 92).

Senza avere l’intento qui di tracciare una vera e propria recensione al recente volume, è mia intenzione argomentare una breve riflessione, sia per mostrare la grande attualità di questo tema all’interno del contesto odierno, sia per cogliere il principio teoretico regolatore che rende tale regula sempre valida. Naturalmente, pur essendo il corpus giuridico l’orizzonte di comprensione dell’aforisma, la fondatezza di quest’ultimo si gioca proprio in una trasversalità argomentativa.

totum è composto internamente dalle partes; ma presenta come il totum sia tale unicamente attraverso una peculiare modalità relazionale tra le diverse partes che lo compongono. Esse infatti, scrive l’autore, devono essere tra loro «strutturalmente connesse»: è dalla connessione delle parti che il tutto è realmente tale. Descritto in tale modo, il totum non è un’astrazione concettuale o una sintesi argomentativa rispetto alla concretezza esperienziale delle singolarità, ma è la manifestazione di una particolare relazione che si instaura nella pluralità.

Hymnus tertius, 1146b, 5).

Il significato di “connessione” qui è chiaro: da un lato, non toglie la peculiarità di quelle realtà distinte tra loro, dall’altro, fa sì che quelle realtà, singolarmente prese, raggiungano una vera e propria unità, il totum di cui si parlava.

Se dunque l’aforisma preso in esame ha una sua applicabilità nei diversi ambiti del sapere, tra cui quello teologico e, in particolare, quello ecclesiologico (lo stesso Drigani fa riferimento alla relazione fra il corpo e le sue membra), esso può trovare la sua forza motrice e ispiratrice proprio all’interno della vita trinitaria.

C’è tuttavia una domanda che rimane ancora aperta, soprattutto se l’aforisma viene letto alla luce di un riferimento trinitario: se è vero che il tutto contiene la parte, e – come si è visto – che il tutto è dato dalla connessione delle parti tra loro, si può anche affermare che la parte, nel vivere pienamente la sua natura (che non è mai isolata dalle altre parti, altrimenti sarebbe se stessa il tutto), sia già di per sé espressione del tutto?

Al di là di questo interrogativo, il nostro aforisma manifesta chiaramente la grande sfida della complessità del nostro tempo, complessità causata, in particolare nel nostro contesto globalizzato, da una ricerca di equilibrio fra il tutto e le parti.