La «piccola» e la «grande» disciplina della Chiesa. Un insegnamento del Beato Giovanni Paolo I

Desidero nuovamente parlare di Giovanni Paolo I per un suo insegnamento circa un contenuto teologico del diritto canonico.

San Giovanni Paolo II nella Costituzione Apostolica «Sacrae disciplinae leges», con la quale , il 25 gennaio 1983, promulgava il nuovo «Codex iuris canonici», nell’esporre il modo con cui erano stati condotti i lavori per la nuova codificazione fece espresso riferimento ai pontificati di Paolo VI e di Giovanni Paolo I.

Il riferimento al pontificato di Giovanni Paolo I, essendo durato solo 33 giorni, potrebbe sembrare alquanto strano e forse fuor di luogo. Ma non è così.

Nel suo radiomessaggio «Urbi et Orbi» del 27 agosto 1978, Papa Luciani tra l’altro affermò: «Vogliamo conservare intatta la grande disciplina della Chiesa, nella vita dei sacerdoti e del fedeli, quale la collaudata ricchezza della sua storia ha assicurato nei secoli con esempi di santità e di eroismo, sia nell’esercizio delle virtù evangeliche sia nel servizio dei poveri, degli umili, degli indifesi, a questo proposito porteremo innanzi la revisione del Codice di Diritto Canonico, sia della tradizione orientale sia di quella latina, per assicurare, alla linfa interiore della santa libertà dei figli di Dio, la solidità e la saldezza delle strutture giuridiche».

Sulla disciplina della Chiesa Giovanni Paolo I vi tornò nel discorso al clero romano pronunciato il 7 settembre 1978.

Dopo aver rammentato quanto aveva sostenuto nel suddetto radiomessaggio, Papa Luciani osservò che si poteva parlare di una «piccola» e «grande» disciplina della Chiesa. La disciplina «piccola» è quella che si limita all’osservanza puramente esterna e formale di norme giuridiche, mentre la disciplina «grande» esiste soltanto se l’osservanza esterna è frutto di convinzioni profonde e proiezione libera e gioiosa di una vita vissuta intimamente con Dio.

Giovanni Paolo I, con l’aiuto di Sant’Agostino, invitava, poi, a meditare sulla potestà della Chiesa, in special modo quella dei vescovi. Il Santo Vescovo di Ippona aveva dichiarato, circa il ruolo dei vescovi, «Praesumus, si prosumus» («Presiediamo, se serviamo»). Questo servizio episcopale verrebbe però a mancare se il vescovo non volesse esercitare la potestà ricevuta. Diceva ancora Sant’Agostino che il vescovo che non serve il pubblico, predicando e guidando, è soltanto un «foeneus custos», uno spaventapasseri messo nei vigneti, perché gli uccelli non becchino le uve.

Papa Luciani terminava la sua allocuzione toccando un’altra componente della disciplina sacerdotale: l’amore del proprio posto. «Lo so: non è facile amare il posto e rimanervi quando le cose non vanno bene, quando si ha l’impressione di non essere compresi o incoraggiati, quando inevitabili confronti con il posto dato ad altri ci spingerebbero a farci mesti e scoraggiati». E concludeva con un insegnamento: guarda non «a chi» obbedisci, ma «per Chi» obbedisci.

Penso che non sia per caso, bensì per una scelta ben precisa in riferimento a Giovanni Paolo I, che San Giovanni Paolo II abbia voluto come «incipit» della Costituzione Apostolica, con la quale emanava il nuovo «Codex iuris canonici», le parole «Sacrae disciplinae leges»: le leggi della sacra disciplina.