di Andrea Drigani · Il 13 ottobre Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi ha promulgare il Decreto riguardante il miracolo attribuito all’intercessione del Venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo I (Albino Luciani), nato nel 1912 e morto nel 1978.
Giovanni Paolo I, che fu Sommo Pontefice per trentatre giorni, verrà pertanto inserito nel catalogo dei Beati.
A questo annuncio mi sono venute in mente le parole del cardinale Pericle Felici che aveva scritto: «Nel rapidissimo arco del suo pontificato ha riversato copiosamente quella che chiamerei la carità del sorriso».
E proprio la carità fu oggetto dell’ultima udienza generale tenuta da Giovanni Paolo I, il 27 settembre 1978, il giorno prima della sua morte, avvenuta, appunto, il 28 settembre.
Papa Luciani esordì con una preghiera notissima intarsiata di frasi bibliche: «Mio Dio, amo con tutto il cuore sopra ogni cosa Voi, bene infinito e nostra eterna felicità, e per amor Vostro amo il prossimo mio come me stesso e perdono le offese ricevute. O Signore, ch’io vi ami sempre più».
Giovanni Paolo I volle spiegare questa preghiera cominciando dalla parola «amo». Ricordò che l’«Imitazione di Cristo» dice che chi ama «currit, volat, laetatur» (corre, vola e gode). Amare Dio, osservava, è dunque un viaggiare col cuore verso Dio. Il viaggio porta anche dei sacrifici, ma questi non devono fermarci. L’amore a Dio è anche un viaggio misterioso: io non parto cioè, se Dio non prende per primo l’iniziativa. E la libertà umana? Sant’Agostino rileva che Dio non soltanto ti attira in modo che tu stesso voglia, ma perfino in modo che tu gusti di essere attirato.
«Con tutto il cuore». Giovanni Paolo I notava come il termine «tutto» potrebbe fare riferimento al totalitarismo, che in politica è pessima cosa, ma nella vita di fede un nostro totalitarismo nei confronti di Dio va benissimo (cfr. Dt 6, 5-9). Quel «tutto» ripetuto e piegato alla pratica con tanta insistenza è la bandiera del massimalismo cristiano. Ed è giusto. È troppo grande Dio, troppo egli merita da noi. Egli è bene infinito e sarà nostra felicità eterna: i denari, i piaceri, le fortune di questo mondo al suo confronto, sono appena frammenti di bene e momenti fugaci di felicità. Non sarebbe saggio – diceva Papa Luciani – dare tanto di noi a queste cose e poco di noi a Gesù.
«Sopra ogni cosa». Si viene ad un confronto diretto tra Dio e l’uomo, tra Dio è il mondo. Non sarebbe giusto dire: O Dio o l’uomo. Si devono amare Dio e l’uomo; quest’ultimo, però, mai più di Dio o contro Dio o alla pari di Dio. L’amore di Dio è bensì prevalente, ma non esclusivo.
«E per amor vostro amo il prossimo mio». Siamo qui di fronte – aggiungeva Giovanni Paolo I – a due amori che sono fratelli gemelli e inseparabili. Alcune persone è facile amarle; altre è difficile; non ci sono simpatiche, ci hanno offeso e fatto del male; soltanto se amo Dio, arrivo ad amarle, in quanto figli di Dio e per questo me lo domanda.
«Perdono le offese ricevute». A questo perdono – rilevava Papa Luciani – pare quasi che il Signore dia precedenza sul culto: «Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a ad offrire il tuo dono» (Mt 5, 23-24).
«Signore, ch’io vi ami sempre più». Amare Dio – concludeva Giovanni Paolo I – è, come si è visto, un viaggio: Dio lo vuole sempre più intenso e perfetto. Ha detto ai suoi: «Voi siete la luce del mondo, il sale della terra» (Mt 5,8); «siate perfetti com’è perfetto il vostro Padre celeste» (Mt 5,48). Ciò significa: amare Dio non poco, ma tanto, non fermarsi al punto in cui si è arrivati, ma col suo aiuto, progredire nell’amore.
La morte di Giovanni Paolo I – scrisse Madre Teresa di Calcutta – è un mistero che dobbiamo accettare; non ci sono spiegazioni umane. Il suo passaggio ha dato una dimostrazione della vitalità della Chiesa.