La «Transizione Ecologica», un progetto politico, economico, sociale e spirituale

di Leonardo Salutati · In occasione della costituzione del nuovo governo guidato da mario Draghi si è molto parlato di “Transizione ecologica”. In realtà dell’argomento ne parla da più di 10 anni Gaël Giraud, almeno da quando nel 2012 pubblicò a Parigi il suo “Illusion financière. Des subprimes à la transition écologique”, edito in Italia nel 2015 col titolo “Transizione ecologica. La finanza a servizio della nuova frontiera dell’economia”.

Il libro di Giraud prende le mosse dall’“infarto finanziario” del 2008 che ha generato una grave crisi finanziaria, rapidamente trasformatasi in recessione economica e poi in disoccupazione, scaricando su lavoratori e famiglie i costi maggiori. Il lavoro di Giraud ha vari meriti. Tra questi quello di rendere comprensibili gli aspetti più complessi dell’opaco mondo della finanza internazionale. Infatti, componendo in un quadro chiaro e intellegibile gli aspetti tecnici, istituzionali e culturali del mondo finanziario, Giraud spiega in modo approfondito quali fattori abbiano generato la crisi del 2008: non un evento improvviso ma «la conseguenza di una logica di azione scientemente perseguita da un plesso politico-finanziario che si è impossessato delle leve del potere nelle società avanzate» (M. Magatti),

Un ulteriore importante merito è quello di offrire un orizzonte di lavoro su cui muoversi per conseguire un nuovo modello di sviluppo. La grave crisi del 2008 ha infatti evidenziato l’urgenza di un cambio di paradigma per superare la visione iperindividualistica e ipertecnicizzata affermatasi nei decenni precedenti e causa della crisi. Soprattutto, la narrazione di Giraud permette di constatare come, nonostante il suo ruolo fondamentale, la finanza lasciata a sé stessa possa fare molti danni. Già J.M. Keynes aveva messo in guardia dal «feticcio della liquidità», cioè l’aspetto patologico dei mercati finanziari interessati soltanto ai rendimenti di breve periodo. All’indomani della Grande Crisi del ’29, nel 1933, su “The New Statesman and The Nation”, il grande economista scriveva: «Il decadente capitalismo internazionale, eppure individualistico, nelle cui mani siamo finiti, non è un successo. Non è intelligente, non è bello, non è giusto, non è virtuoso e non fornisce nessun bene».

Giraud allora ricorda che una crescita sostenibile può svilupparsi solo sul lungo periodo coinvolgendo la società nella sua interezza, nelle sue dimensioni umane, tecnologiche, istituzionali, culturali e sociali, con un approccio economico che punti sull’investimento, sulla qualità complessiva della vita economica, istituzionale e ambientale, sulla coesione sociale, lo sviluppo e la valorizzazione delle capacità personali.

È un grande progetto politico, economico, sociale ma anche spirituale (G. Giraud), infatti «in questo giardino che Dio ci offre, gli esseri umani sono chiamati a vivere in armonia nella giustizia, nella pace e nella fraternità… E quando si considera la natura unicamente come oggetto di profitto e di interessi – una visione che consolida l’arbitrio del più forte – allora l’armonia si rompe e si verificano gravi disuguaglianze, ingiustizie e sofferenze» (Papa Francesco 2020). Inoltre, tutto è connesso e non dobbiamo scordare che «non possiamo illuderci di risanare la nostra relazione con la natura e l’ambiente senza risanare tutte le relazioni umane fondamentali» (LS 119).