Gesù e l’antico avversario

di Stefano Tarocchi · La pagina di Vangelo assegnata alla prima domenica di Quaresima come ogni anno ci mette di fronte al tempo in cui per quaranta giorni Gesù viene messo alla prova nel deserto dal Satana. Il testo di Marco che abbiamo ascoltato quest’anno utilizza, infatti, l’articolo per determinare la figura dell’avversario di Dio e dell’uomo. Dopo che l’evangelista ha raccontato che lo Spirito discende su Gesù come una colomba, lo stesso Spirito lo spinge con forza nel deserto, laddove viene messo alla prova.  

A differenza dei paralleli Matteo e Luca, Marco non dice il contenuto di questa prova. Si è soliti parlare di tentazione, o tentazioni, con un linguaggio non del tutto adeguato ai tempi nostri, e fonte di interpretazioni inesatte.  

Lo stesso racconto dice che Gesù nei quaranta giorni è in compagnia degli animali selvaggi, che realizzano la pace intravista dai profeti, e pur nella sua solitudine non è abbandonato da Dio. Infatti, si parla di angeli che stanno al suo servizio.  

La sobrietà scarna del racconto marciano a differenza dei tre momenti in cui rispettivamente l’evangelista Matteo e Luca raccontano il confronto di Gesù con il tentatore è quanto mai significativa, e paradossalmente non potrebbe essere più eloquente. Gesù è messo alla prova come nel momento culminante della sua passione, ma egli non soccombe all’insidia del male, come dice ai discepoli: «vegliate e pregate per non entrare in tentazione» (Mc 14,38). Qui parla il Vangelo di Luca, che così conclude il racconto della triplice prova: «è stato detto: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo. Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato» (Lc 4,12-13). 

Nello stesso Vangelo di Marco, Gesù dopo la chiamata delle prime due coppie di discepoli, si scontra con un uomo posseduto da uno spirito impuro. Questo spirito si rivolge a Gesù e paradossalmente lo indica come il Santo di Dio. Gesù libera quell’uomo dallo spirito impuro, non con un esorcismo come impropriamente si potrebbe intendere – Gesù, a differenza di noi, non è costretto a combattere, perché la sua potenza divina gli fa vincere il male con la sola parola, Con un atto della sua autorità libera l’uomo restituendolo alla pienezza della sua esistenza quotidiana.  

C’è anche un altro episodio, realmente sconcertante, nel Vangelo di Marco, accaduto nella regione dei Geraseni, nella Decapoli, in territorio pagano, dove è addirittura una legione che abita un uomo, isolato dai suoi concittadini, incapaci di trattenerlo in quello stato. Quella legione di spiriti malvagi – una legione romana era in realtà composta da seimila uomini – viene allontanata dall’uomo, ma al prezzo di farla discendere nel corpo di un gregge di porci che si getta nel mare.  

Anche in quella circostanza Gesù rivela la sua autorità sullo spirito del male. È lui che “permette” alla legione di abitare i porci, per liberare l’indemoniato: la vittoria di Cristo abita nel suo dominio totale sullo spirito del male e le sue trame.

Ma è soprattutto degno d’interesse, la vera e propria teologia della storia come in un passaggio non certo semplice della seconda lettera ai Tessalonicesi, testo dell’ultimo quarto del primo secolo.. Scrive l’autore, nel solco della tradizione paolina: «nessuno vi inganni in alcun modo! Prima, infatti verrà l’apostasia e si rivelerà l’uomo dell’iniquità, il figlio della perdizione, l’avversario, colui che s’innalza sopra ogni essere chiamato e adorato come Dio, fino a insediarsi nel tempio di Dio, pretendendo di essere Dio. Non ricordate che, quando ancora ero tra voi, io vi dicevo queste cose? E ora voi sapete che cosa lo trattiene perché non si manifesti se non nel suo tempo. Il mistero dell’iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo colui che finora lo trattiene. Allora l’empio sarà rivelato e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà con lo splendore della sua venuta. La venuta dell’empio avverrà nella potenza di Satana, con ogni specie di miracoli e segni e prodigi menzogneri e con tutte le seduzioni dell’iniquità, a danno di quelli che vanno in rovina perché non accolsero l’amore della verità per essere salvati» (2 Ts 2,5-10). 

Il credente è dunque in comunione con il Cristo che è stato messo alla prova, ma nella sua sequela ha vinto lo spirito del male. Il credente, perciò, non è abbandonato al male, ma si trova sicuro nelle mani di Dio, nonostante le insidie dell’antico avversario. Come dice Dante Alighieri: «Nostra virtù che di legger s’adona (“facile a cedere”), / non spermentar (“non mettere alla prova”) con l’antico avversaro, / ma libera da lui che sì la sprona» (Purgatorio XI).