Gente di poca fede. Il sentimento religioso nell’Italia incerta di Dio
Avvenire (vedi) Garelli osserva che «Al tempo del Covid cresce il bisogno di Dio».
Come osserva La Civiltà Cattolica, dal lavoro di sondaggio sulla religiosità degli italiani nell’ultimo ventennio emerge chiaramente il «pluralismo religioso» che caratterizza il panorama del nostro Paese, e quanto l’Italia si stia diversificando dal punto di vista religioso. Un riferimento importante – per la rivista- è anche l’opera “I molti altari della modernità. Le religioni al tempo del pluralismo” (Bologna, Emi, 2017) di Peter L. Berger, per il quale «il pluralismo è la sfida di gran lunga maggiore per tutte le tradizioni e le comunità religiose del nostro tempo». Berger infatti sostiene che è necessario un nuovo paradigma rispetto a quello della secolarizzazione: «Un nuovo pluralismo deve essere capace di affrontare due pluralismi: la coesistenza di diverse religioni e la coesistenza di discorsi religiosi e discorsi secolari. Tale coesistenza ha luogo sia nelle menti degli individui sia nello spazio sociale» (p. 9). Un capitolo è dedicato alle nuove forme di spiritualità di cui si parla molto nelle società occidentali «per indicare una ricerca del sacro fuori dai luoghi convenzionali della religione» (p. 165).
Osservo che papa Francesco più volte ha ricordato che «non siamo più in un regime di cristianità perché la fede – specialmente in Europa, ma pure in gran parte dell’Occidente – non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata»[21 dicembre 2019].
Rimandando ai citati libri per i dati e le riflessioni sommariamente indicate sulla decritta situazione di crisi non posso non ricordare un discorso di papa Francesco alla Curia romana in occasione della presentazione degli auguri natalizi (vedi) .
E questo perché? Perché «Dio continua a far crescere i semi del suo Regno in mezzo a noi». Allora chi guarda alla crisi senza farlo alla luce del Vangelo «si limita a fare l’autopsia di un cadavere». Il tempo della crisi è un tempo dello Spirito, e il Vangelo stesso mette in crisi. Perciò, «davanti all’esperienza del buio, della debolezza, della fragilità, delle contraddizioni, dello smarrimento», a ben vedere si comprende «che le cose stanno per assumere una nuova forma, scaturita esclusivamente dall’esperienza di una Grazia nascosta nel buio».
Francesco definisce la Chiesa come un «Corpo perennemente in crisi», dove la novità «germoglia dal vecchio e lo rende sempre fecondo» senza contrapporsi a esso.
Ma per Il Papa «Difendendoci dalla crisi, noi ostacoliamo l’opera della Grazia di Dio che vuole manifestarsi in noi e attraverso di noi. Perciò, se un certo realismo ci mostra la nostra storia recente solo come la somma di tentativi non sempre riusciti, di scandali, di cadute, di peccati, di contraddizioni, di cortocircuiti nella testimonianza, non dobbiamo spaventarci, e neppure dobbiamo negare l’evidenza di tutto quello che in noi e nelle nostre comunità è intaccato dalla morte e ha bisogno di conversione. Tutto ciò che di male, di contraddittorio, di debole e di fragile si manifesta apertamente ci ricorda con ancora maggior forza la necessità di morire a un modo di essere, di ragionare e di agire che non rispecchia il Vangelo. Solo morendo a una certa mentalità riusciremo anche a fare spazio alla novità che lo Spirito suscita costantemente nel cuore della Chiesa».