Stato laico e Medio Oriente nel pensiero del cardinale Louis Raphaël Sako

635 445 Andrea Drigani
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raphael-sako_800_2507222di Andrea Drigani La prima volta che si trova l’espressione «laicità dello Stato» in un testo del magistero pontificio è in un discorso pronunciato da Pio XII, il 23 marzo 1958, qualche mese prima della sua morte, nella Basilica Vaticana, per la circostanza dell’omaggio dei marchigiani residenti a Roma. In quell’allocuzione Pio XII disse: «Vi è in Italia chi si agita, perché teme che il cristianesimo tolga a Cesare quel che è di Cesare. Come se dare a Cesare quello che gli appartiene, non fosse comando di Gesù; come se la legittima sana laicità dello Stato non fosse uno dei principi della dottrina cattolica; come se non fosse tradizione della Chiesa il continuo sforzo per tener distinti, ma pure, secondo i retti principi, uniti i due poteri; come se, invece, la mescolanza tra sacro e profano non si fosse il più frequentemente verificata nella storia, quando una porzione di fedeli si è distaccata dalla Chiesa». Pio XII con questo intervento riconosceva possibile e legittima una «sana laicità dello Stato», formula che non solo accoglieva la differenza tra «laicismo» come filosofia politica e «laicità» quale metodo di organizzazione statale, ma apriva, nell’ambito del pensiero cattolico, una riflessione sul ruolo e sull’autonomia del laicato in genere e dello Stato in specie. Lo sviluppo di tali riflessioni hanno trovato, poi, un riscontro e un esito nella Costituzione «Gaudium et Spes», promulgata da San Paolo VI, al termine del Concilio Vaticano II, il 7 dicembre 1965. In particolare nel paragrafo 76 si proclama che la Chiesa e la comunità politica sono indipendenti e autonome l’una dall’altra nel proprio campo e si osserva, inoltre che tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale dello stesse persone umane. Si fa presente, dunque, che vi è una chiara distinzione («clara distinctio»), ma pure la prospettiva di una sana cooperazione («sana cooperatio»). Viene, infine, ribadito il diritto della Chiesa di predicare, sempre e ovunque, con vera libertà la fede, di insegnare la propria dottrina sociale, di esercitare la sua missione tra gli uomini, utilizzando tutti e soli quei mezzi conformi al Vangelo. In continuità ed in sintonia con questi principi teologici e in una lungimirante applicazione pratica di siffatti principi si è collocato il cardinale Louis Raphaël Sako, Patriarca di Babilonia dei Caldei, residente a Bagdad, che in una recente intervista ha dichiarato: «Lo Stato laico è la soluzione della crisi dei Paesi del Medio Oriente. Uno Stato laico significa la fine del settarismo… L’Islam politico punta a fondare uno Stato teocratico, ma non può funzionare. Non siamo nel Medioevo. La religione e lo Stato sono due campi distinti. La religione ha principi, la politica ha interessi, purtroppo spesso personali e particolari. Io parlo invece di uno Stato civile, basato sulla cittadinanza, che abbia come obiettivo l’integrazione e il servizio di tutte le sue componenti senza distinzione alcuna.pio12 Per me il concetto è chiaro: separazione tra Stato e Religione e rispetto dei valori spirituali e morali del popolo che ha bisogno di vivere nella libertà senza paura». Le asserzioni del cardinale Sako sono quanto mai stimolanti e pertinenti tenendo conto del drammatico contesto mediorientale. La consistente presenza di Stati confessionali islamici (per lo più sunniti) che hanno formato regimi autoritari o totalitari, percorsi peraltro da sotterranee contestazioni originate dai più svariati motivi, nei confronti delle minoranze religiose, in particolare cristiane, hanno talvolta concesso l’uso degli statuti personali per vivere in una forma di semilibertà religiosa. Ma si tratta, come purtroppo si è visto, di equilibri precari e instabili, che aggiunti all’instabilità cronica di quell’area geopolitica, dovuta al pericoloso groviglio di interessi economici e strategici, rende la situazione incandescente e ad alto rischio per la pace del mondo. E’ da leggere nell’intervento del cardinale Sako anche l’assoluta necessità, se si vuol uscire da un apparente ordine, che invece è un vero disordine, di ricercare il ruolo preminente di un diritto comune («ius commune») sui diritti propri («iura propria»). La storia ci dovrebbe insegnare che quando gli «iura propria» hanno prevalso sullo «ius commune» si è precipitati verso il caos. La legittima sana laicità dello Stato richiamata da Pio XII e confermata dal Vaticano II, non è soltanto, lo fa intendere il cardinale Sako, una dottrina astratta, bensì una proficua indicazione concreta.

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