di Antonio Lovascio • Saper leggere e scrivere non è più sufficiente in una società tecnologica, sempre più complessa, nella quale i rischi si moltiplicano. Anche per quanti come me si occupano di Comunicazione, è sempre più indispensabile avere almeno una minima conoscenza della psicologia intuitiva e la capacità di interpretare le statistiche, che aiutano poi a comprendere cosa succede attorno a noi, i mutamenti ed i fenomeni più significativi del mondo, e in particolare dell’Italia. Oltre ai primi dati sul Coronavirus (su cui si potrà riflettere quando la sua diffusione sarà più chiara e si sarà placato il panico che si è sovrapposto ad una giustificata paura) nelle ultime settimane mi hanno impressionato due Rapporti tra loro in qualche modo concatenati, purtroppo trascurati dai Media: il crollo demografico e l’idea che i giovani hanno del loro futuro. “Fotografie” che purtroppo peggioreranno se l’epidemia aggraverà la recessione economica.
I giovani rinviano la scelta di avere figli e preferiscono emigrare in cerca di opportunità all’estero, perché non vedono prospettive di trovare un buon posto di lavoro e un reddito soddisfacente; ma proprio il declino della popolazione, che è il risultato di miriadi di scelte individuali, riduce la domanda interna, erode la capacità produttiva e, in definitiva, limita quelle stesse prospettive di crescita che servirebbe ai giovani per decidere di procreare o cercare un futuro in Italia. Ormai questa è una spirale che si sta autoalimentando da sola. L’Italia ha già perso 478 mila abitanti fra il 2015, momento di massima estensione della popolazione nella Penisola, alla fine dell’anno scorso, quando le nascite hanno fatto registrare il minimo storico: 116 mila italiani in meno. Il ricambio naturale si ferma.
L’ISTAT ci racconta che la crisi demografica italiana si manifesta con due storie diverse: una discreta tenuta al Nord e soprattutto al Nord-Est e un collasso nel Mezzogiorno che minaccia intere aree di una vera e propria desertificazione dei giovani. In altri termini le migrazioni interne e internazionali fanno sì che la popolazione nel Nord Italia – soprattutto a Nord-Est – continui a crescere almeno un po’. Nelle regioni del Centro Italia c’è invece una lieve decrescita dei residenti nell’ultimo anno (-0,22%), anche perché poche persone sono arrivate in Toscana, Lazio, Umbria o Marche dal resto del Paese. Al Sud invece i numeri della popolazione stanno letteralmente collassando. L’intera area ha perso 129 mila persone l’anno scorso – persino più di quante ne abbia perse l’Italia nel complesso – con un saldo netto di migrazioni verso il resto del Paese di 77 mila meridionali che hanno scelto di andarsene Lombardia, Piemonte e Veneto.
Che la scelta relativa ai figli sia in calo lo conferma anche un’indagine condotta da Eurispes, che per la prima volta ha messo a confronto I valori della vita dei giovani tra i 18 e i 30 di Italia, Germania, Polonia e Russia, fortemente orientati verso valori che riguardano la vita sociale e privata (salute, carriera amore, amici), evidenziando, invece, una lontananza rispetto ai valori politici e a quelli spiritualità. Lavoro e casa sono in cima agli incubi dei giovani. Il terrorismo non c’è.
La situazione del mercato del lavoro, i problemi abitativi, la mancanza di tutele per la vecchiaia e, in generale, le difficoltà economiche sono tra i principali problemi percepiti dai 18-30enni.
Insomma i risultati dello studio EURISPES evidenziano che nel 2019 l’orizzonte sociale della pianificazione della vita dei giovani è progettato solo a medio termine ed è significativamente in ritardo rispetto a quello della pianificazione biologica: Un dato che impoverisce il quadro generale del progresso futuro, ma suggerisce che le nuove generazioni non vivono “giorno per giorno”. I giovani, classificati per coorti statistiche, nel contesto dei cambiamenti globali e delle crisi costanti che li caratterizzano, non vedono la possibilità di costruire piani a lungo termine, che è tipico per le età più mature, e sono alla ricerca di opportunità in varie fonti di risorse. L’attuale generazione giovanile è orientata a creare il proprio futuro prevalentemente in modo autonomo, per conto proprio.
Un’ultima considerazione: il fatto che giovani appartenenti a sistemi anche molto diversi tra loro, manifestino elementi di convergenza su alcuni punti fondamentali relativi alla loro idea di futuro, dovrebbe far riflettere sia gli studiosi che la Politica e le Istituzioni sul fatto che il mondo digitale sta creando sempre di più una comunità giovanile europea che, nonostante le stesse radici cristiane, esprime pensieri e sentimenti autonomi al di là dei tradizionali confini degli Stati. L’interpretazione e la gestione di questo fenomeno è un problema aperto per tutti: un problema scientifico, politico, culturale, sociale. Ed anche ecclesiale. Già da tempo Papa Francesco e la CEI hanno fatto squillare il campanello d’allarme. Purtroppo finora inascoltati.