Magdala

1di Stefano Tarocchi • All’inizio del mese di febbraio, il p. Frédéric Manns, professore emerito di esegesi neotestamentaria presso la Facoltà di Scienze Bibliche e Archeologia di Gerusalemme dello Studium Biblicum Franciscanum, ed uno dei massimi specialisti del rapporto tra giudaismo e cristianesimo nei primi secoli, durante la sua breve permanenza a Firenze presso la Facoltà Teologica dell’Italia Centrale –  dove ha tenuto un corso alla Licenza in Teologia Biblica («Sinfonia del simbolo nuziale nel quarto Vangelo») – , ha dato una interessante conferenza sugli scavi della città di Magdala in Galilea: «Magdala. Monumenti e documenti».Qui ho inteso darne un breve compendio.

Cominciamo dalla stessa cittadina di Magdala. Fino a quando, nel 18 d.C., Erode Antipa, figlio di Erode il Grande costruisce la città di Tiberiade – il nome Tiberiade venne scelto per onorare l’imperatore romano Tiberio –, con lo scopo di farne la capitale del regno di Galilea, era l’unica città sulla sponda occidentale del Mar di Galilea e il terzo insediamento più importante della bassa Galilea dopo Sefforis e Tiberiade, a pochi chilometri a sud di Cafarnao. Magdala, era situata lungo la Via Maris, l’antica via commerciale che collegava l’Egitto alla Siria. La stessa strada da Nazareth o da Cana a Cafarnao correva proprio accanto all’ingresso settentrionale dell’attuale sito archeologico. Lo storico Giuseppe Flavio (37-100) riferisce che essa aveva quarantamila abitanti.

Gli archeologi francescani Virgilio Corbo e Stanislao Loffreda, che hanno dato un contributo insostituibile agli scavi di Cafarnao (ben diciannove campagne di scavo dal 1968 al 1986), nel 1973 iniziarono a Magdala degli scavi nella proprietà della Custodia di Terra Santa. Fu allora che ne scoprirono il porto sul lago di Tiberiade, le terme romane e parte della stessa Via Maris, la piazza centrale della città, le strade e alcuni edifici del primo secolo. In una casa fu rinvenuto anche un mosaico, raffigurante una barca a vela.

È stato, tuttavia, alla fine dello scorso decennio degli anni Duemila, quando la congregazione messicana dei Legionari di Cristo decise di creare un centro di spiritualità nella zona di Magdala, fu scoperta una delle più antiche sinagoghe di Galilea. Si pensa che la sinagoga fosse esistita a partire dal “periodo del secondo tempio” – che inizia nel 597 a.C., prosegue con l’esilio babilonese e dura fino alla distruzione del Tempio da parte dei romani, nel 70 d.C.Molti ritengono che sia stata originariamente costruita agli inizi del I secolo: si trattava di una struttura molto semplice, che venne totalmente rinnovata nell’anno 40. Essa è attualmente la più antica scavata in Galilea e una delle sette del primo secolo in tutta Israele.

All’interno della sinagoga fu trovata anche una moneta, coniata a Tiberiade nel 29 d.C. Si dimostrava così la datazione esatta, che corrisponde al tempo del ministero pubblico di Gesù: peraltro, i vangeli non vi menzionano mai la sua presenza.

Altro recente ritrovamento significativo in questo settore dell’antica città di Magdala, è una grande pietra, contenente probabilmente fra le altre la più antica raffigurazione artistica del tempio. La parte anteriore della pietra raffigura, fra altri il più antico simbolo scolpito della menorah a sette bracci del tempio, peraltro mai trovata, ed altri particolari del culto del tempio.

Dopo aver accennato ai “monumenti” veniamo adesso ai “documenti”.2

Sappiamo che il Nuovo Testamento fa una menzione di un luogo chiamato Magdala. Il vangelo di Matteo così scrive: «congedata la folla, Gesù salì sulla barca e andò nella regione di Magdala» (Mt 15,39). Alcuni manoscritti, però, trasmettono il nome del luogo come “Magadàn”: tali testimonianze vengono preferite nella traduzione CEI, già dall’edizione del 1974. Anche se alcuni commentatori affermano che i due nomi si riferiscono allo stesso luogo, altri respingono la sostituzione di Magdala per Magadàn.

Il racconto parallelo di Marco 8, 10 nella maggior parte dei manoscritti dà un nome di luogo ancora diverso: «Gesù salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanutà (Mc 8,10)».  Esistono comunque codici del vangelo di Marco, leggono sia Magdala che Magadàn: ciò è dovuto al fenomeno dell’assimilazione, da parte di copisti con il testo di Matteo.  Esistono interpretazioni che sostengono che Dalmanutà sia una traslitterazione della parola siriaca che indicava il “porto”.

Peraltro, Magdala, nota anche con il nome greco di Tarichea, è stata segnalata come un luogo per la salatura del pesce. Anche Giuseppe Flavio si riferisce ad una ricca città galileiana, conquistata dai Romani nella guerra ebraica (66-73 d.C.) per via della sua fiorente attività di pesca. Lo storico non riferisce il suo nome ebraico.

Migdal Nunayya(“Magdala dei pesci”) vicino a Tiberiade, localizzata  sulla riva del Mar di Galilea (così il trattato Pesahim 46a). 

Anche Giuseppe Flavio nella Guerra Giudaica riporta il fatto che c’erano molte navi a Magdala durante la battaglia della prima rivolta ebraica: duecentotrenta. Infatti, anche i cantieri navali erano una industria della zona.

Per questo motivo, già nel III secolo, Maria Maddalena fu descritta da Ippolito di Roma come “apostola degli Apostoli”. Eppure, la sua identità reale si è persa, a partire da quando papa Gregorio Magno pronunciò un discorso nel 591, che espresse la sua convinzione che la Maria che era stata curata da sette demoni fosse la stessa persona della penitente – erroneamente identificata come una prostituta perfino dal Caravaggio –, che unse i piedi di Gesù. Nell’antichità, fra l’altro, la malattia era ritenuta come causata dalla presenza di uno spirito cattivo: Gesù la guarisce e lei lo seguì come discepola. Il tema meriterebbe un approfondimento che rimandiamo ad altre occasioni.