di Leonardo Salutati • La parola ecologia non è biblica e neppure appartiene all’ambito del pensiero giudeo-cristiano. È un neologismo greco, frutto della riflessione scientifica del 19° secolo, la quale intuisce che per comprendere il funzionamento di un organismo vivente è necessario conoscere l’insieme delle relazioni (energia, nutrimento, rifiuti, interazioni, ecc.) che ne permettono l’esistenza. Questa nuova scienza delle condizioni di vita di un organismo in un dato luogo (oïkos), si è anche dotata di un suo proprio vocabolario per descrivere il tempo in cui le società occidentali vivevano profondi mutamenti sociali legati alla trasformazione dei mezzi di produzione. Così l’economia (oiko-nomos) e l’ecologia (oiko-logos) si sono sviluppate insieme, a volte contrapponendosi altre stimolandosi reciprocamente.
All’inizio del 20° secolo questo nuovo campo lessicale entra anche nella sfera teologica. Infatti, la durata dei conflitti sociali e internazionali nel corso di quegli anni fece nascere in seno alle comunità cristiane il bisogno di rientrare nuovamente tutti nella casa comune. O quanto meno di incamminarsi verso di essa. Il movimento ecumenico (oiko-mene) che è nato, ha superato i muri di incomprensione che si erano alzati tra le confessioni cristiane nei secoli passati ed è diventato una camera di risonanza di altre iniziative in seno all’attuale società, tra cui quella della presa di coscienza ecologica, in particolare all’epoca della guerra fredda e del boom economico.
Tuttavia non corrisponderebbe a verità pensare che il cristianesimo, nella sua lunga storia, non abbia mai tentato prima di elaborare un discorso teologico e una pratica pastorale “ecologica”. Molti cristiani e istituzioni nel corso dei secoli si sono impegnati ad essere buoni custodi del creato. Se poi, a volte, è mancata questa attenzione, non è però mancata la perseveranza mistica di qualche eremita recluso nei posti più nascosti, la curiosità spirituale di qualche monaco di clausura appassionato di erboristeria o la follia rivoluzionaria di un S. Francesco d’Assisi, che hanno dato continuità alla cura per il creato.
È tuttavia vero che la preoccupazione ecologica per il pianeta ha richiesto del tempo per imporsi pienamente alla Dottrina sociale della Chiesa, probabilmente anche perché per molto tempo tale attenzione è stata sopravanzata dai temi riguardanti la dignità umana e il giusto sviluppo della società. Però, se con la Laudato si’ del giugno 2015 la sensibilità ecologica ha ricevuto una piena e definitiva consacrazione all’interno della Dottrina sociale, non sono comunque mancati contributi anche importanti nel Magistero precedente.
La questione ecologica emerge a partire dalla valorizzazione del mondo rurale con Pio XII quando, nel primo dopo guerra, già intravedeva i rapidi cambiamenti in corso nel mondo rurale occidentale che minacciavano l’equilibrio del rapporto uomo-natura (1951).
I discorsi di S.Paolo VI alla FAO degli anni ’70, sottolineano il legame sempre più netto tra crisi alimentare, modelli di sviluppo economico e rispetto necessario della terra, denunciando espressamente i pericoli che già gravavano «sull’equilibrio del nostro ambiente naturale, e il peggioramento progressivo di ciò che si è convenuto chiamare l’”ecosistema”» (1970). Nella Octogesima adveniens del 1971 il Papa elenca poi un insieme di nuove tematiche sociali di cui prendere coscienza, tra le quali la sfida ecologica che già mostrava un profilo non solo di ordine tecnico ma soprattutto morale (OA 21).
Uno dei primi gesti di S.Giovanni Paolo II appena eletto fu quello di recarsi ad Assisi e di nominare in seguito S.Francesco patrono dei cultori dell’ecologia (1980). I suoi numerosi viaggi internazionali gli permisero di rendersi conto dell’estensione e dell’intensità delle pratiche dannose per l’ambiente, tanto che nei suoi discorsi ricorrono frequentemente temi quali: la difesa delle foreste tropicali, la lotta alla desertificazione e all’impoverimento del suolo, la limitazione delle sostanze tossiche emesse dall’industria, la salvaguardia dell’acqua e dell’aria, perché «La signoria dell’uomo non è assoluta, ma ministeriale […], è la missione non di un padrone assoluto e insindacabile, ma di un ministro del regno di Dio» (2001).
Con Benedetto XVI le prese di posizione divengono ancora più esplicite. Nel suo discorso al Bundestag in occasione della sua visita in Germania del 2011 esplicitamente ricorda che «L’importanza dell’ecologia è ormai indiscussa. Dobbiamo ascoltare il linguaggio della natura e rispondervi coerentemente». Nella Caritas in veritate, poi, offre una riflessione globale sull’esplosione della globalizzazione in corso che turba i modelli di sviluppo e le strutture sociali, minacciando l’esistenza stessa del pianeta. Come per Paolo VI, anche per Papa Benedetto la sfida è prima di tutto di ordine morale, per cui sottolinea la necessità di conciliare i doveri di una ecologia umana e quelli di una ecologia ambientale, per la difesa delle condizioni di vita e della creazione affidata da Dio all’uomo.
In un certo senso l’avvento di Papa Francesco ha pienamente consacrato l’appassionata presa di coscienza della questione ecologica nell’ambito del Magistero sociale. Egli non europeo, nato dopo la guerra e testimone delle dure lotte condotte dalla Chiesa del continente sudamericano, ha fatto in modo che quanto fino ad allora era stato solo un invito pressante alla presa di coscienza da parte di tutti, divenisse un progetto pastorale per le comunità cristiane. L’enciclica Laudato si’ pubblicata in giugno, qualche mese prima del summit sul clima di Parigi, ha lasciato un segno all’interno della Chiesa e fuori. In particolare è stato un segno di grande sostegno per i cristiani da tempo impegnati nella causa ecologica.