di Antonio Lovascio • “Vorrei guardare il volto dei poveri senza arrossire”. Sono le parole pronunciate da Papa Francesco alla FAO, con l’ennesimo invito alla Comunità internazionale ad “offrire soluzioni concrete e reali” per vincere “la battaglia contro la fame e la povertà” che riguarda ormai più di 820 milioni di persone al mondo. Che vivono situazioni precarie di vario genere: l’aria è inquinata, le risorse naturali impoverite, i fiumi contaminati, i suoli acidificati; non hanno acqua sufficiente per loro stessi e per le loro coltivazioni; le loro strutture sanitarie sono molto carenti, i loro alloggi sono scarsi e difettosi. «Queste realtà – ha sottolineato Bergoglio – si prolungano nel tempo; quando, dall’altra parte, la nostra società ha compiuto grandi progressi in tutti i campi del sapere». Il progresso tecnologico ormai non ha confini. Come, purtroppo, le mafie che si annidano dietro allo sfruttamento della terra e delle risorse naturali.
Proprio mentre il Pontefice era nella sede dell’agenzia Onu, a Roma veniva reso noto il Rapporto elaborato da Eurispes, Coldiretti e Osservatorio sulla criminalità nell’Agroalimentare. Il business è salito a 24,5 miliardi di euro, con un balzo del 12,4% nel 2018, una crescita che sembra non risentire della stagnazione dell’economia italiana e internazionale, immune alle tensioni sul commercio mondiale e alle barriere della circolazione delle merci e dei capitali. Siamo di fronte ad una rete di malfattori che si incrocia perfettamente con la filiera del cibo: dalla sua produzione al trasporto, dalla distribuzione alla vendita. Con tutte le caratteristiche necessarie per attirare l’interesse di organizzazioni che via via abbandonano l’abito “militare” per vestire il “doppiopetto” e il “colletto bianco”, riuscendo così a scoprire e meglio gestire i vantaggi della globalizzazione, delle nuove tecnologie, dell’economia e della finanza tanto che ormai si può parlare ragionevolmente di mafia 3.0. Le nuove leve in parte provengono dalle tradizionali “famiglie” che hanno indirizzato figli, nipoti e parenti vari agli studi in prestigiose università italiane e internazionali e in parte sono il prodotto di una operazione di “arruolamento”, riccamente remunerato, di operatori sulle diverse piazze finanziarie del mondo.
Profili diversi dai Riina o dai Provenzano. Si tratta di persone colte, preparate, plurilingue, con importanti e quotidiane relazioni internazionali al servizio del giro d’affari mafioso che, proprio grazie a loro, assume e consolida un carattere transnazionale. I poteri criminali si nascondono nel percorso che frutta e verdura, carne e pesce devono compiere per raggiungere le tavole degli italiani passando per alcuni grandi centri di scambio fino alla grande distribuzione distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta. Il risultato sono la moltiplicazione dei prezzi, che per l’ortofrutta arrivano a triplicare dal campo alla tavola, i pesanti danni di immagine per il Made in Italy e i rischi per la salute con 399 allarmi alimentari, più di uno al giorno nel 2018 in Italia, secondo le elaborazioni Coldiretti sui dati del Sistema di allerta rapido dell’Unione europea RASFF. Senza trascurare le conseguenze sull’ambiente con le discariche abusive e le illegalità nella gestione dei rifiuti che fanno registrare oltre 30mila ecoreati all’anno nel nostro Paese.
La Chiesa vive nel mondo. Papa Francesco lo testimonia ogni giorno. E nell’enciclica Laudato si’ sottolinea che “fra i poveri più abbandonati e maltrattati c’è la nostra oppressa e devastata terra” (2). Il grido della terra è lo stesso grido dei poveri: “Oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri” (49). Per questo la cura dell’ambiente in cui viviamo fa parte integrante di quella preoccupazione costante che ogni Chiesa locale dovrebbe avere per la sua gente allo stesso modo di quanto fa attraverso la Caritas per le persone povere e bisognose del suo territorio. La cura dell’ambiente è cioè parte dell’impegno caritativo dei cristiani e della nostra espressione di fede. Mi sembra che la Laudato si’ lo mostri in maniera chiara quando parla di una “ecologia integrale” e della necessità di una “conversione ecologica” (217). Perciò ritengo che anche questo faccia parte dell’evangelizzazione, cioè di quella forma alta di annuncio del Vangelo nel mondo di oggi. Infatti, o il Vangelo cambia le coscienze e i cuori, cioè converte, oppure perde la sua efficacia.
Il messaggio di Papa Francesco, come quello della Popolorum Progressio di San Paolo VI, è semplice e universale: la violenza e la superificialità umana si ripercuotono sul cosmo, che ne subisce le conseguenze fino all’autodistruzione. Ancora non ci si rende conto di questa unità profonda dell’universo. Si guarda il proprio particolare, ci si interessa del proprio benessere e chi se ne importa se le ecomafie imperversano, se la raccolta differenziata non viene fatta come si dovrebbe, se certi stupidi cittadini buttano l’immondizia ovunque o altri continuano a pensare che tanto non saranno loro a subire le conseguenze delle loro azioni irresponsabili. Ad alcuni fa comodo non rendersene conto, a partire appunto da coloro che perseguono i loro interessi, ad esempio quelli sempre meno nascosti della criminalità organizzata, che, grazie al lavoro paziente e determinato delle Forze dell’ordine, per fortuna sempre più viene a galla nella sua ampiezza.