La poesia di Alda Merini (1931-2009) come teologia e profezia. A proposito di un saggio di Chiara Saletti

200px-Alda_Merinidi Gianni Cioli • Nel libro Poesia come profezia. Una lettura di Alda Merini (Effatà editrice, Cantalupa, TO), pubblicato nel 2008, quando la poetessa, scomparsa nel 2009, era ancora vivente, Chiara Saletti, laureata in lettere moderne presso l’Università di Padova e socia del Coordinamento teologhe italiane, coniuga felicemente le proprie competenze letterarie con quelle teologiche proponendo una coinvolgente interpretazione degli scritti meriniani, particolarmente attenta a cogliere anche – in sintonia con gli interessi guida della collana «Sui generis» che ospita il saggio – un modo peculiarmente femminile di dire Dio.

Poiché la produzione di Alda Merini è molto vasta e la matrice religiosa attraversa tutta la sua opera, la Saletti, pur tenendo presente l’intero orizzonte della poesia meriniana, ha «ritenuto necessario limitare l’attenzione a tre raccolte a tema religioso, scritte a breve distanza l’una dall’altra e risultanti quindi omogenee e in continuità tra loro: (…) Corpo d’amore. Un incontro con Gesù (2001), Magnificat. Un incontro con Maria (2002), Poema della croce (2004)» (p. 8).

Il libro si articola in due parti, precedute da un’Introduzione e da un’opportuna scheda su La vita e le opere della poetessa milanese.

Nella poesia della Merini Maria e Gesù appaiono «quali volti umani dell’amore di Dio, e i loro percorsi esistenziali sono narrati con tutta la profondità e la complessità che li connota e accomuna» (p. 9).

«Dio Padre, Gesù il figlio-uomo, e Maria sua madre si offrono così nelle liriche» di Alda Merini – sottolinea ancora l’autrice – «come nuova possibilità donata a tutti, uomini e donne del secondo millennio, di riscoprire un Dio che non cessa di rinnovarsi, di incontrarci, di rispondere ai dubbi e alle paure nascoste nel nostro piccolo cuore» (p. 9).

Alla seconda parte segue un ulteriore capitolo, Tra poesia e teologia, che la Saletti definisce come «il tentativo di legittimazione del linguaggio poetico quale strumento idoneo al dire e al dirsi di Dio». Secondo l’autrice «il Dio cristiano si identifica come il Dio della Parola perché attraverso di essa fa essere ciò che non è, evoca suscita, comunica, interpella (…). Ed è quella stessa Parola adottata da Dio per uscire da sé e incontrare l’uomo, che si apre nella poesia alla rivelazione del mistero divino, che permette all’uomo di percorrere a ritroso il cammino ascendente per l’incontro con il suo Dio» (p. 10).

Nella Conclusione l’autrice conferma il suggestivo concetto evocato dal titolo del libro, applicabile alla poesia in generale e a quella meriniana in particolare: «Parola poetica dunque come parola profetica, come parola perfettamente umana che sappia tener vive tutte le necessarie domande su Dio e sull’uomo, che possa ridire in mille modi il bisogno di essere amati e di amare, che canti ancora una volta la fatica di un senso, di un significato ritrovato, perché nulla di ciò che è umano può andare perduto» (p. 106).

Oltre che dalla Bibliografia essenziale, suddivisa in «Testi di Alda Merini», «Studi» e «Articoli», il libro viene completato dalla postfazione (Il Verbo si fece carne: la poesia di Alda Merini) di Marco Campidelli, teologo e cultore di poesia, personalmente amico della poetessa, il quale afferma la necessità di una reciproca compenetrazione tra teologia poesia: «Teologia e poesia, ognuna nel suo verso, sono un modo di prendersi cura di Dio e di prendersi cura del mondo. Due alleate che non dovrebbero mai lasciarsi, soprattutto quando la notte si infittisce. Si dice spesso che vi sia crisi della politica. Penso, in verità, che vi sia principalmente la crisi della poetica, ovvero di orizzonte, di visione, di rivelazione. Camminare sul filo della poesia ci aiuterà dunque a trovare il senso di stare in questo mondo lacerato, trafitto, ma non privo di canto e di danza, prendendocene amorosamente cura» (p.125).

Il saggio, breve ma profondo, di Chiara Saletti ha due grandi meriti: contribuire a far apprezzare una poesia di grande bellezza e raffinatezza, come quella di Alda Merini, e sperimentare un metodo di lettura della poesia in chiave teologica dal quale la teologia potrà trarre sicuramente giovamento, nell’auspicio che il dialogo fra riflessione teologica e produzione poetica, letteraria e artistica possa intensificarsi sempre di più.