di Giovanni Pallanti · Gaetano Salvemini (1873-1957) professore di storia moderna all’Università di Firenze, fu interventista e combattente nella Prima guerra mondiale. Eletto deputato per gli ex combattenti di sinistra, dopo il delitto Matteotti (1924) diventò un durissimo avversario della nascente dittatura fascista. Salvemini sin dal 1920, appena nati i fasci di combattimento fondati da Mussolini nel 1919, fu avversario del duce del Fascismo. Nel 1925 fu cacciato dagli studenti fascisti e dalla viltà dei professori dall’insegnamento nell’ateneo fiorentino.
Fu costretto ad andare in esilio: Parigi, Londra e negli Stati Uniti. Di questa esperienza fu pubblicato dall’editore Feltrinelli, nel 1960, dopo la morte di Salvemini, il suo libro <Memorie di un fuoriuscito>. Soprattutto a Parigi la vicenda dei fuoriusciti fu drammatica, essendo infiltrati da spie dell’Ovra. Addirittura la polizia segreta fascista era riuscita a coinvolgere degli esuli antifascisti nelle sue devastanti azioni contro gli oppositori del regime. A Parigi, Carlo Rosselli fuggito dal confino nell’isola di Lipari con Fausto Nitti ed Emilio Lussu, fondò con questi <Giustizia e libertà>, a cui aderì il Salvemini.
Il professore dell’Università di Firenze ormai esule, incontrò delle figure significative dell’antifascismo cattolico, anch’essi rifugiatisi all’estero: fra questi don Luigi Sturzo, a Londra, Giuseppe Donati, a Parigi, e Francesco Luigi Ferrari, a Bruxelles. Di Luigi Sturzo, fondatore del Partito popolare italiano, Salvemini ricorda la dirittura morale, la lucidità intellettuale e la grande passione civile, con cui dall’esilio si batteva contro il fascismo. Salvemini era un noto anticlericale, anche se di civilissima educazione. E nel libro ricorda come Sturzo, disponibile ad affrontare ogni argomento chiedeva cortesemente di non entrare in dispute teologiche sull’esistenza di Dio e argomenti trascendentali, che avrebbero guastato la cordiale e intensa amicizia che nacque fra Salvemini e il prete siciliano, che dopo la Seconda guerra mondiale fu nominato dal presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, senatore a vita.
Di Francesco Luigi Ferrari, Salvemini ricorda la grande cultura e il suo cristallino spirito democratico ed antifascista. Francesco Luigi Ferrari fu uno degli intellettuali cattolici che fu contrario al concordato fra Stato e Chiesa, firmato da Mussolini e dal cardinale Gasparri, l’11 febbraio 1929. Ma i ricordo più commovente riguarda Giuseppe Donati, che Sturzo nominò direttore de <Il Popolo>, organo del Ppi. Donati accusò Italo Balbo di essere il mandante dell’omicidio del parroco di Argenta, don Giovanni Minzoni ed Emilio De Bono, responsabile dell’omicidio del deputato socialista Giacomo Matteotti. Costretto a lasciare l’Italia, questo antifascista cattolico, valoroso combattente nella Prima guerra mondiale, decorato di medaglia d’argento al valor militare, continuò al fianco di Salvemini a contrastare il regime mussoliniano. Fondò in Francia il giornale <Il corriere degli italiani>, dove ospitò gli scritti di Salvemini sulla sua cacciata dall’Università di Firenze ad opera dei fascisti. Purtroppo nella redazione del Corriere degli italiani, si infiltrò una spia dell’Ovra creduto un antifascista cristallino. Questo fatto turbò profondamente Giuseppe Donati e la sua collaborazione con Salvemini. Ma l’impegno intellettuale, politico, e l’impegno di Donati in Italia e all’estero contro il fascismo, non poteva oscurare più di tanto l’amicizia e la stima fra lui e Salvemini.
Quando Donati morente chiese di incontrare Salvemini, egli si precipitò nel suo alloggio nel 1931, dove lo trovò ormai morto. Scrive Salvemini: <Mi precipitai a casa sua. Lo trovai che era già morto. Anche oggi non posso pensare a quell’uomo disteso sul letto di morte, che mi era stato carissimo, senza che mi si formi in gola un nodo di pianto. Quanti uomini di prim’ordine consumati in una lotta senza profitto per nessuno, in un Paese che non ha abbastanza di valori umani!>.
Gaetano Salvemini in questo libro ha testimoniato la grandezza morale e l’impegno di uomini politici e di intellettuali cattolici che non si piegarono né al filofascismo di gran parte della Chiesa né alla real politik che portò al Concordato fra Stato e Chiesa nel 1929. Esempi da non dimenticare.