Benedire. Opera di Dio, opera dell’uomo
La benedizione però più grande per l’uomo è Cristo. Egli si direbbe è la benedizione di Dio in persona. Perché Cristo è la presenza di Dio tra gli uomini. Ne è cosciente la Lettera agli Efesini, quando nel celebre inno cristologico del primo capitolo afferma: «Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo» (Ef 1,3). Gli uomini sono benedetti in Cristo con una benedizione spirituale, che ha la sua origine, la sua matrice in cielo. Se la benedizione di Dio indica la presenza di Dio nel mondo e lo sguardo che Dio rivolge all’uomo, allora quale grande benedizione è che il Figlio Unigenito di Dio, proprio Lui che era nel seno del Padre, sia divenuto carne?
L’inno della Lettera agli Efesini ci apre però anche ad altre considerazioni. Colui che benedice, è anche colui che dobbiamo benedire. “Benedetto sia Dio” perché “ci ha benedetti”. Poiché nella creazione e nella storia della salvezza facciamo esperienza del fatto che l’opera di Dio è una benedizione, proprio per questo Colui che è la fonte di ogni benedizione, diventa anche Colui che viene benedetto. Benedictus benedicat, secondo una celebre formula di benedizione: “Benedica, Colui che è il Benedetto”.
La benedizione che i singoli battezzati e la Chiesa impartiscono su persone, situazioni, oggetti, luoghi è innanzitutto un’invocazione e una preghiera. L’invocazione e la preghiera che si rivolge a Dio perché guardi a ciò che ci sta a cuore e lo custodisca, perché mostri la sua benevolenza, perché rivolga il suo sguardo e la sua misericordia e doni il dono della pace (cf. Num 6,22-26).
La benedizione: opera dell’uomo che invoca nel mondo la benedizione di Dio.