Relazioni educative e nuovi media. Appunti sparsi ai tempi del Coronavirus

667 500 Stefano Liccioli
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2697748_1024x0r72_h300f2di Stefano Liccioli · La pandemia legata alla diffusione del Covid-19 credo che rappresenterà un passaggio irreversibile per diversi ambiti della nostra vita. Uno di questi è l’uso degli strumenti digitali in campo educativo o almeno il giudizio che abbiamo di essi. Se finora tali mezzi erano stati considerati, in molti casi, come elementi accessori, in questo periodo hanno dimostrato tutto il loro valore, tutte le loro potenzialità. Faccio solo alcuni esempi. Senza le varie piattaforme digitali non sarebbe stata possibile la didattica a distanza che, con tutti i limiti che vi possiamo rintracciare, ha permesso comunque di dare continuità al lavoro degli insegnanti e soprattutto di mantenere aperto il dialogo educativo con gli studenti che, in tal modo, hanno potuto respirare un po’ di normalità. Senza i social network sacerdoti e religiosi non avrebbero più potuto raggiungere parrocchiani e fedeli isolati nelle proprie case a cui invece hanno continuato a far sentire la propria voce e la propria vicinanza, condividendo con loro riflessioni e momenti di preghiera.

Grazie a certe piattaforme web si sono potute svolgere, pur a distanza, riunioni di lavoro e non solo, una modalità d’incontro che potrebbe essere mantenuta in futuro non in maniera sostitutiva a quella in presenza, ma alternativa e complementare. Infatti, a causa di ritmi di lavoro e di vita che si sono fatti sempre più intensi, sperimentiamo tutti la difficoltà a trovare momenti liberi per fissare incontri di formazione o di confronto: i sistemi utilizzati in questi periodo ci permettono, secondo me, di immaginare a tal riguardo prospettive nuove.

Sono tutte esperienze che hanno contribuito a vincere una certa diffidenza riservata alle nuove tecnologie ed alla loro applicazione, per esempio, all’insegnamento o alla catechesi.

Una volta passata l’emergenza si tratta di capire come proseguire e rafforzare questa integrazione tra metodologie tradizionali d’insegnamento e nuovi media. Il potenziale di questi ultimi non si riduce, infatti, nell’accorciare le distanze, ma nel consentire una maggiore interattività da parte di tutti i soggetti che ne sono coinvolti. Non è questa la sede per entrare in tecnicismi per addetti ai lavori, ma certe applicazioni digitali permettono, per esempio, di realizzare davvero quella didattica laboratoriale tanto auspicata non solo nei documenti ministeriali, ma anche da tutti coloro che pensano che l’insegnamento non debba essere una mera trasmissione dei saperi, bensì una costruzione di essi insieme agli studenti. Personalmente cerco di avere sull’argomento una posizione equilibrata: credo che per saper fare (in termini “didattichesi” avere delle competenze) occorra sviluppare contestualmente delle abilità e delle conoscenze. D’altra parte sono pure convinto che ciò che s’impara facendo rimane più a lungo dentro di noi.download (2)

Mutatis mutandis un discorso analogo vale anche per la catechesi di bambini e ragazzi, troppo spesso ancorata ad un modello scolastico dove per scolastico s’intende un sistema d’insegnamento frontale. Anche in questo caso l’uso di strumenti digitali che permettano un maggior coinvolgimento di chi partecipa agli incontri di catechismo darebbe, a mio avviso, dei buoni risultati. Senza dimenticare che la catechesi delle nuove generazioni per essere un vero percorso d’iniziazione alla vita cristiana dovrebbe valorizzare molto l’aspetto esperienziale di tale vita attraverso la liturgia, la carità, non limitandosi solo alla trasmissione delle conoscenze (la dottrina).

Ciò che conta, secondo me, è non essere radicali. Su questi temi la parola chiave è integrazione tra nuovi e vecchi linguaggi educativi. Come la diffusione della televisione non ha sostituito totalmente la radio nei modi di comunicare, come l’automobile non ci ha fatto dimenticare la bicicletta come mezzo di trasporto, così non possiamo pensare che gli strumenti digitali e le nuove metodologie didattiche legate ad essi ci facciano mettere da parte i sistemi con cui per secoli le persone hanno imparato.

Solo per fermarsi ad un aspetto credo, per esempio, che la chiusura delle scuole abbia reso più consapevoli tutti, a cominciare dagli stessi studenti, di quanto sia irrinunciabile un rapporto diretto con i propri insegnanti in cui la prossimità favorisce in maniera del tutto speciale dinamiche come l’empatia che sono irrinunciabili in una relazione educativa. L’ambito privilegiato dell’insegnamento deve rimanere quello in presenza e non solo perché si riesce a “fare più cose”, ma proprio perché frequentare la scuola non vuol dire ricevere unicamente delle nozioni e delle valutazioni, bensì crescere in un rapporto di formazione con i propri docenti che non può che avvenire in presenza. Il medesimo discorso vale per la catechesi che si svolge nelle nostre parrocchie.

Allo stesso tempo spero che tra i frutti positivi di questo periodo così complicato ci sia il coraggio di ripensare, alla luce delle esperienze fatte, certi schemi educativi ancora troppo condizionati da quel “s’è sempre fatto così”.

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Stefano Liccioli

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