La pandemia e un vecchio principio teologico

Sorprende che – almeno per quanto ci consta – non sia stato preso in considerazione a sufficienza un principio scolastico che ha avuto una certa fortuna nella storia della teologia: il principio sancito dalle parole Deus non alligatur sacramentis (“Dio non si lega ai sacramenti”). Prima di analizzare più in profondità questo principio, in maniera ancora generica possiamo già dire che con esso si intende che la salvezza che porta Dio, è più vasta dei confini della vita sacramentale.

Tale assioma della teologia si rintraccia in forme lievemente diverse nel campione della Scolastica. A STh, III, q. 64, a. 7, Resp., si legge: «Deus virtutem suam non alligavit sacramentis quin possit sine sacramentis effectum sacramentorum conferre» (“Dio non lega la sua potenza ai sacramenti, Lui che può produrre gli effetti dei sacramenti, senza i medesimi sacramenti”). A STh, III, q. 68, a. 2, Resp. si legge:«Deus interius hominem sanctificat, cuius potentia sacramentis visibilibus non alligatur» (“Dio santifica l’uomo interiormente, Dio la cui potenza non è legata ai sacramenti visibili”).

A quali situazioni si applica questo principio? Si applica innanzitutto al di fuori dei confini della Chiesa: ad esempio la seconda quaestio che abbiamo considerato sopra, si chiede «utrum aliquis possit salvari sine Baptismo» (“se ci si possa salvare senza sacramento”). L’applicazione più immediata del principio pare dunque rivolta alla situazione di coloro che non appartengono alla comunità ecclesiale. D’altra parte sembra davvero difficile che questo principio possa valere per coloro che non appartengono alla comunità ecclesiale, nel caso abbiano consapevolmente rifiutato l’annuncio evangelico. Ma tale principio può applicarsi anche alla situazione di necessità che abbiamo vissuto in questi ultimi due mesi? Può valere, cioè, all’interno della vita della Chiesa, in determinate condizioni? Per rispondere a questa domanda, è necessario prima definire meglio il principio.

Ora, i casi più comuni previsti dalla prassi ecclesiale, dal Catechismo, dal diritto canonico per situazioni di eccezionalità vanno proprio nel senso di questa nostra parafrasi. Si pensi alla comunione spirituale. Come abbiamo mostrato in un articolo uscito anni fa in questa rivista (vedi) essa reca con sé il desiderio di tornare a comunicarsi sacramentalmente, non appena vengano a cadere le condizioni che hanno reso necessario comunicarsi solo spiritualmente. O si pensi al caso della contrizione perfetta prevista già dal Concilio di Trento (Denz. 1677) e accolta nel Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1452, di cui ha magistralmente parlato nello scorso numero il padre Francesco Romano: anche qui si nota che la remissione dei peccati mortali è condizionata dall’impegno di ricorrere appena possibile alla confessione sacramentale.riassunto concilio di trento