«Lo Spirito Santo nella tradizione battesimale siriaca» di S.P. Brock. Note teologiche e pastorali

307 500 Dario Chiapetti
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Lo-Spirito-Santo-nella-tradizione-siriacadi Dario Chiapetti • È uscito per la prima volta in lingua italiana Lo Spirito Santo nella tradizione battesimale siriaca (traduzione di M. Campatelli, Lipa, 2019, 312 pp.) di Sebastian Paul Brock (Londra, 1938), uno dei massimi esperti nel campo degli studi siriaci. L’attenzione al cristianesimo siriaco risulta carica d’interesse giacché questo, anche se ha ricevuto il Nuovo Testamento tramite il greco, mantiene una forma antica e genuinamente semitica della ricezione del Vangelo, eredità della Chiesa siro ortodossa, maronita, melkita e dell’Est. Il presente testo, pubblicato per la prima volta in India nel 1979 e poi ristampato con aggiunte e revisioni, va ad esaminare il tema dello Spirito Santo negli uffici battesimali nella suddetta tradizione andando così ad approfondire gli studi condotti nell’opera di E.-P. Siman, L’Expérience de l’Esprit par l’Église d’après la tradition syrienne d’Antioche (1971). In tale quadro, Brock prende in esame soprattutto autori come Afraate, Efrem, Giacomo di Sarug e Narsai (IV-V secolo), le figure più di spicco del momento di grande creatività liturgica della tradizione in cui si inscrivono.

Brock mostra come sia conclamato che per tutti gli autori siriaci il battesimo è ricevere lo Spirito Santo e che con esso si è immessi nella vita filiale di Cristo come partecipazione alla sua regalità escatologico-messianica (crismazione) e che si esprime come sacerdozio nei confronti del creato (eucaristia). Ancora, gli autori sono unanimi nel ritenere che tale dono dello Spirito sia conferito nel rito liturgico considerato nel suo insieme. È certo vero che in tale insieme giocano un ruolo fondamentale l’unzione con l’olio o il myron (mistura di olio e balsamo), l’immersione nell’acqua, le invocazioni allo Spirito e le imposizioni delle mani. Ora, la storia dello sviluppo del rito ha registrato accentuazioni del valore di un aspetto piuttosto che di un altro via via differenti e ciò sulla base delle diverse figure bibliche prese a prestito come modelli interpretativi. Ebbene, il modello più antico risulta caratterizzato da una forte impronta giudaica, ossia della circoncisione seguita dal battesimo (ma sullo sfondo, anche dell’unzione dei sacerdoti e dei re) come attestano le immagini del tagliare e del marchiare riferite all’olio col quale avveniva l’unzione prebattesimale, il rušma, seguita dall’immersione in acqua compresa sul modello neotestamentario del battesimo di Gesù, a indicare precisamente – sulla linea della teologia giovannea – la rinascita dell’uomo come ingresso nello status di figliolanza divina. Con la fine del IV secolo si è imposta la teologia paolina del battesimo come morte e risurrezione e così si è iniziato a trasferire i doni dello Spirito all’immersione (Giovanni Crisostomo) o ad altre unzioni (che sono andate moltiplicandosi) collocate dopo il battesimo (Teodoro), attribuendo al rušma un semplice carattere catartico e protettivo.

Focalizzando la centralità dell’azione pneumatologica nel sacramento del battesimo e nei sacramenti della crismazione e dell’eucaristia, l’Autore sottolinea la comprensione unitaria, della tradizione siriaca e più in generale patristica orientale, del mistero di Cristo e dell’inserimento dell’uomo in esso. Non si può a tal proposito non registrare una certa distanza di questa visione da una prassi sacramentaria che si è venuta sviluppando in Occidente. Quest’ultima ha distanziato temporalmente i sacramenti tra loro, in quanto ha iniziato a concepirli come realtà sempre più sganciabili in qualche modo dalle altre (si veda, ad esempio, l’usanza della celebrazione del rito battesimale senza quella eucaristica), e ciò diversamente dai Padri per i quali, ad esempio, il dono dello Spirito non veniva compreso come una “confermazione” da parte dello Spirito in quanto non si riconosceva nel battesimo alcun carattere di incompiutezza, né tantomeno si riconosceva nel sacramento alcuna componente di “scelta consapevole” da parte di chi lo riceveva di vedere confermato ciò che aveva ricevuto a sua insaputa nel battesimo. Per i Padri il dono dello Spirito è compreso invece come “crismazione” che rende Cristo chi è rigenerato a vita nuova col battesimo; in tal caso tale dono è in stretta connessione, teologica e temporale, con quest’ultimo. Frequentemente si assiste poi a una messa in sequenza dell’amministrazione dei sacramenti diversa da quella originale di battesimo, confermazione, eucaristia. Per i Padri – essendo inconcepibile per un battezzato partecipare all’eucaristia senza, come battezzato, celebrarla, e celebrarla come synaxi – è un assurdo ontologico pensare di poter celebrare l’eucaristia senza il dono dello Spirito che conforma all’azione regale/di servo propria di Cristo. Infine, si registra sovente una comprensione dei sacramenti largamente incentrata sull’aspetto individuale e non comunionale-comunitario; della salvezza “dell’anima dal cosmo” e non “del cosmo nella persona”; negativo-amartiologico e non positivo-della vita nuova in Cristo.maxresdefault

Contro la tendenza nelle liturgie occidentali molto incentrate sull’aspetto psicologico-individuale-intellettivo per la quale l’acqua e l’olio, il pane e il vino rischiano di essere compresi come meri “sostrati”, in fondo accidentali, necessari per l’attuarsi della presenza sacramentale di Dio, la visione sacramentale dei primi autori siriaci pone un correttivo. Essa tiene in assoluta considerazione gli elementi materiali che costituiscono il rito, cogliendoli nel loro fondamento teologale-comunionale-cosmico nella linea del dogma di Calcedonia, espresso da una ricchezza letteraria nei formulari, senza pari. Tale ricchezza contenutistica va poi di pari passo sia con una grande essenzialità rituale, soprattutto nei primi secoli, oltre inutili ripetizioni e vuoti ornamenti, sia con l’affermazione della compiutezza soteriologica che i riti, nella strutturale connessione tra loro, devono esprimere e nella quale trovano il loro senso.

Infine, come mostra lo studio di Brock, la tradizione battesimale siriaca ci dà attestazione di quella liturgia creativa di cui c’è bisogno anche nell’oggi del corpo vivo di Cristo che la Chiesa è, laddove e quando essa vive il suo essere Chiesa. Si parla di una creatività che impiega il linguaggio dell’uomo del qui ed dell’ora e che nei Padri, di ogni epoca, non può che trovare tesori teologici e sicuri fondamenti sulla base dei quali esprimere la vita nuova di cui l’azione sacramentale è, di per sé, sua luminosa manifestazione.

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Dario Chiapetti

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