Bergoglio, Ratzinger, Montini ed il collasso morale del Sessantotto

Da uomo di fede e di pensiero qual è, protagonista e testimone egli stesso delle vicende culturali del “secolo breve”, il Novecento, e degli sviluppi della cosiddetta postmodernità, Joseph Ratzinger va alle radici dei procedimenti che hanno determinato una ferita così traumatica: con tratti brevi e al tempo stesso magistrali delinea il contesto della questione, in mancanza del quale il problema risulta incomprensibile, mostrando come la crisi affondi le sue radici negli anni ’60, e precisamente in quel processo per cui nel ventennio 1960-1980 «i criteri validi sino a quel momento in tema di sessualità sono venuti meno completamente e ne è risultata un’assenza di norme alla quale nel frattempo ci si è sforzati di rimediare».

Il fatto che il “collasso morale e spirituale” venga fatto risalire al ’68, ha spinto qualcuno ad ipotizzare perfino un attacco alla figura ed al Magistero di Paolo VI, spesso citato da Papa Francesco. Tesi smentita dalla più recente Storia della Chiesa e dei suoi primattori. Chi l’azzarda, ignora il profilo, il percorso ecclesiale dell’Emerito. Ratzinger è una “creatura” montiniana. Indicato sì come “perito ufficiale” del Concilio Vaticano II nel novembre 1962 da Giovanni XXIII, ma insieme a Karol Wojtyla (già vescovo dal 1958) tra i riformatori più convinti di un nuovo rapporto con il mondo contemporaneo nelle Commissioni ereditate ma pure integrate dal Pontefice bresciano sulla scorta di alcuni rilievi del clero e dei Pastori del Nord Europa al metodo di scelta degli esperti da parte della Curia romana. Che Montini lo stimasse come studioso e come prete lo dimostra il fatto che lo ha voluto, giovanissimo, arcivescovo di una delle sedi più prestigiose della cattolicità germanica, Monaco di Baviera, e poi elevato alla porpora nel giugno del 1977 con il card. Benelli appena designato arcivescovo di Firenze. Il Magistero di Papa Benedetto si è sviluppato nel segno della continuità con i suoi predecessori, sempre preoccupandosi che nella collegialità la Chiesa attuasse realmente i documenti conciliari, da lui riconosciuti come atti che “sono ancora oggi una bussola sicura per la Chiesa”.

A seguire la cronologia, la Chiesa cattolica, con la sua “rivoluzione dello spirito”, ha preceduto il ’68 rispetto a ogni istituzione. Però, paradosso dei paradossi, proprio Paolo VI è stato uno dei bersagli preferiti da molti sessantottini laici e cattolici. E ciò è avvenuto quando il Sessantotto ha divorziato dalla voglia di cambiare il mondo, e ha preso sfumature di fondamentalismo.PaoloVI3