di Dario Chiapetti • Metaphysics as a Personal Adventure. Christos Yannaras in Conversation with Norman Russell (St Vladimir Seminary Press, New York, 2017, 212 pp.) è un’intervista a tutto campo teologico con particolare carattere biografico fatta al professor Christos Yannaras (1935), filosofo e teologo ateniese, tra quelli che più hanno segnato e stanno segnando il corso della riflessione in seno all’Ortodossia, il cui pensiero, snodandosi a partire dal grande tesoro del pensiero greco e da sollecitazioni di certe istanze teoretiche dell’Occidente, genera un potente allargamento di orizzonti del pensare filosofico e teologico sia dell’Oriente che dell’Occidente. In particolare, è la centralità che riveste nel pensiero di Yannaras la questione riguardante l’ontologia – compresa, essa, come ontologia della persona e l’originalità con cui essa viene sviluppata – che fa sì che la produzione del pensatore greco si accrediti in una posizione sicuramente rilevante nell’attuale tornante del percorso del pensiero filosofico e teologico che sta cercando di raggiungere i frutti più maturi della prospettiva personalista. La presente intervista condotta da Norman Russell – il più grande studioso e traduttore, insieme a Basilio Petrà, delle opere di Yannaras – offre così un’ampia autopresentazione, da parte del professore greco, della sua figura e del suo pensiero, così come non veniva offerta al pubblico dal suo Ta kath’ eauton del 1995, e di cui, di seguito, intendo offrire alcuni elementi principali.
Il solo corso della vita di Yannaras – come ci si accorge nella prima parte del libro – fa trasparire tutto il suo profilo intellettuale nonché spirituale. Questi si accorge da giovane del «pietismo» che connota il sentire ortodosso dei suoi tempi, troppo lontano dalla vitalità dell’esperienza ecclesiale dei Padri e più incline a impostazioni moralistiche e conservatrici. Il suo orizzonte esistenziale e intellettuale si allarga quando, grazie a Dimitrios Koutroubis, conosce l’opera di Fëdor Dovstoievskij, la sua critica dell’Occidente, e il personalismo della filosofia religiosa russa, soprattutto di Nikolaj Berdjaev. Sceglie di approfondire gli studi filosofici e teologici a Bonn, città in cui conosce il pensiero di Martin Heidegger, evento cruciale per lo sviluppo del suo pensiero. Si sposta poi a Parigi dove entra in contatto con l’opera di Jean-Paul Sartre che va a completare la prospettiva filosofico-teologica apertagli dal filosofo tedesco, dei teologi Marie-Dominique Chenu e Étienne Gilson che gli forniscono importanti stimoli con i loro studi sullo sviluppo del cristianesimo e della teologia in Occidente, e frequenta le figure della seconda generazione dei pensatori russi della diaspora (Pavel Evdokimov, Nicolas Lossky, Olivier Clément, ecc.). Questi, se mettono Yannaras in contatto con il pensiero dei loro padri (Vladimir Lossky, Sergej Bulgakov, ecc.) fornendogli la chiave per un ritorno fecondo al pensiero patristico, gli mostrano, a suo giudizio, anche già la svolta inconsapevole che essi hanno operato verso un certa tendenza individualistica, tutta occidentale, nel modo di concepire l’esperienza ecclesiale. Tornato in Grecia approfondisce il contenuto ontologico della nozione teologica delle persona (titolo del suo Dottorato alla Facoltà Teologica di Tessalonica del 1970), la persona nel significato ontologico del corpo (Hê metaphysikê tou sômatos. Spoudê ston Iôannê tês Klimakos, 1971), dell’eros (l’opus magnum di Yannaras: To prosôpo kai ho Erôs, 1976) con la conseguente delineazione della figura di un ethos fortemente improntato personalisticamente (Hê euletheria tou êthous. Dokimes gia mia orthodoxê theôrêsê tês Êthikês, 1970) affrontando poi molteplici temi tra i quali, ad esempio, quelli sociali e politici (Hê apanthrôpia tou dikaiômatos, 1997), fino a riprendere il tema ontologico, opportunamente affrontato anche mediante la riflessione dei suoi presupposti filosofici-linguistici, grazie all’apporto teoretico offerto dal pensiero di Ludwig Wittgenstein (To rêto kai to arrêto, 1999) e del pensiero psicanalitico di Jacques Lacan (Ontologia tês schesês, 2004).
Lo studio filosofico dell’ontologia di Heidegger fa diventare Yannaras consapevole della contraddizione interna della metafisica occidentale che, proprio con l’intento di cogliere l’ente affrancandosi da ogni dogmatismo, a causa, però, di una gnoseologia intellettualista individualisticamente connotata sul piano antropologico, isola il problema ontologico da ogni forma di verifica esperienziale, attribuendo alla verità il carattere empirico di apparenza il cui orizzonte di conoscenza è unicamente l’esperienza dell’esistenza come temporalità, arrivando inevitabilmente a decretare, con Friedrich Nietzsche, il nichilismo e quindi la morte di Dio.
Yannaras afferma che in To prosôpo kai ho Erôs ha inteso indagare se la testimonianza dell’«esperienza ecclesiale», a cominciare dalla letteratura cristiana dei primi secoli, conteneva risposte metodologicamente e empiricamente coerenti alle problematiche di Heidegger. Ebbene, nel personalismo dei Padri e nella loro precisa prospettiva apofatica, Yannaras trova queste risposte che gli permettono di andare oltre i Padri e delineare una vera e propria ontologia critica. Il professore ateniese richiama come l’apofatismo venga inteso da lui, nella linea dei Padri, come un’«attitudine», non come una «tesi»: la conoscenza è dall’esperienza, cioè dalla relazione del soggetto con altri soggetti/oggetti della realtà, e è da verificare empiricamente, non da ridurre intellettualisticamente in quanto la verità non si esaurisce nella sua formulazione linguistico-concettuale giacché significante e significato non coincidono. Ora, la conoscenza si attesta sull’evento-relazionale dell’evento-persona – è disvelamento, a-lēteia, della persona – l’esperienza del soggetto, cioè, nella sua costituzione erotica, di movimento di libertà verso un’alterità.
Data l’importanza riconosciuta alla relazione – la domanda ontologica si pone unicamente nel-soggetto-nella-relazione – la verifica empirica della conoscenza sarà evento relazionale, e quindi sociale e, più propriamente, ecclesiale, secondo il principio di Eraclito: “ciò che condividiamo verifichiamo, ciò che possediamo privatamente falsifichiamo”. Ecco che l’attitudine “apofatica” chiama sorprendentemente in campo la «verifica sociale della conoscenza» (l’opposto dell’accettazione di massa di qualche contenuto da credere intellettualisticamente elaborato): la verità – sottolinea Yannaras – sta nella conoscenza conseguita dal soggetto che esiste al modo della sua costituzione relazionale e nell’effettiva esperienza relazionale che è ek-stasis, non in una adaequatio rei et intellectus.
L’esistenza personale come dato teo-ontologico permette a Yannaras di approfondire anche il significato della prospettiva teologica orientale della distinzione tra l’essenza e l’energia di Dio fino a rinvenirne le implicazioni sul piano ecclesiologico. L’essenza, l’ousia – dal participio presente di einai – è quel «modo» di ipostatizzare l’essere; l’energia è la partecipazione di tale modo di ipostatizzazione dell’essere. Ora, l’essere personale del Padre è la paternità, la paternità, fonte dell’essere, è amore e libertà. Dall’/nell’amore e libertà è generato il Figlio e procede lo Spirito Santo e come amore e libertà la Trinità esiste. La comune attività (energeia) della libertà dei Tre, il modo d’essere Increato, è partecipato, certamente nel Logos per lo Spirito Santo, al modo d’essere creato. Da ciò si arriva, proprio mediante l’esperienza ecclesiale, alla figura di Chiesa non come «religionizzazione» della fede strutturantesi su contenuti (dogmatici, pastorali, morali, ecc.) intellettualisticamente colti e proposti da recepire, con il conseguente invito a raggiungere una salvezza individualisticamente intesa, ma come «evento ecclesiale», come modo d’essere nell’amore e nella libertà, che attua la verità ontologica-personale degli uomini e così una profonda conoscenza della realtà che supera il dogmatismo, il positivismo e il nichilismo.
Ecco presentati alcuni aspetti del pensiero di questa figura di intellettuale che è Christos Yannaras. Egli attesta come la riflessione orientale – e greca nella fattispecie – scorga, a partire dall’esperienza personale-ecclesiale, così come i Padri l’hanno vissuta e intesa, nel dato teologico rivelato il contenuto ontologico di carattere personale e il suo modo apofatico di darsi a conoscere. È così superato l’esito nichilistico di un pensiero metafisico onticamente improntato; è così indicata e rilanciata la via della Chiesa: la persona, il modo dell’essere.