Cristianesimo e platonismo, una lettura esistenziale
di Elia Carrai • Tornare a parlare dell’incontro tra pensiero greco e nascente cristianesimo e delle conseguenti ripercussioni di tale evento potrebbe risultare superfluo quanto, forse, inflazionato. Tuttavia, è proprio in ordine a guadagnare una prospettiva sintetica realmente adeguata alla mole di dati oggi a nostra disposizione, che può ancora essere utile spendere qualche parola sull’argomento.
De anima, 23, 5).
Se da un lato le convergenze dottrinali e le contingenze storiche riescono a fornirci dati utili alla comprensione e allo sviluppo di questo incontro tra cristianesimo e platonismo, dall’altro rischia di rimanere come a margine un dato a nostro avviso decisivo.
Ciò che determinò un incontro così ricco di conseguenze non furono solamente una serie di convergenze intorno a conclusioni dottrinali ed etiche o a contingenze e convenienze storiche. I primi pensatori cristiani dovettero riconoscere innanzitutto una comunanza di domanda, a cui tanto il cristianesimo quanto il platonismo pretendevano offrire una risposta. Non sarebbe innanzitutto nel convergere delle conclusioni dottrinali del platonismo e del cristianesimo la chiave di volta per comprendere la fortuna del loro incontro, quanto in un comune e medesimo “interrogativo originale”.
Pohlenz, L’uomo greco, 422 ). Questo è l’eros autentico, superamento di ogni mania in cui l’istintività confonde, fino ad esaurire, la bellezza nel piacere:assimilarla perché destinata, altrimenti, a passare. L’eros si rivela allora esigenza profondissima di amare, fino a toccare l’eterno, è quell’amore potente che arde della volontà di non perder nulla di ciò verso cui si rivolge. «È l’eros che risveglia l’appassionato desiderio di contemplare l’assoluto, che scatena le energie creative dell’anima e le avvia a conquiste spirituali capaci di dare fama eterna ben più che le imprese eroiche cantate dai poeti» (M. Pohlenz, L’uomo greco, 423). La bellezza manifesta il legame del materiale (contingente) con il mondo dell’immateriale (eterno), lo manifesta non a discapito del mondo materiale, della sua fenomenicità tangibile nei suoi concreti rapporti, quanto a suo coronamento offrendo a tutta l’esistenza materiale un’alternativa alla sola via della morte dell’esaurimento, la possibile di amare più perfettamente lo stesso mondo contingente. «Solo un riflesso di questa bellezza eterna ci giunge nel mondo di qua, ma è sufficiente per trasfigurare il mondo fenomenico e per conferirgli valore» (Pohlenz, L’uomo greco, 422 ). Ciò significa che la bellezza cambia il mondo e lo trasfigura ponendo l’uomo in una possibilità inedita di affermare il bello stesso. Qui sta la grandezza dell’impresa platoniana: offrire una possibilità di affermazione dell’essere e del bello che fosse altra da un’istintività che tenta di impossessarsi della bellezza esaurendola in se stessi, così da cancellare la ferita che essa apre nell’animo.
convergenza esistenziale, prima ancora che dottrinale: per comprendere l’incontro di questi mondi è necessario riconsiderare sempre, ogni volta, l’anelito profondo dell’uno e la pretesa di compimento dell’altro. Compreso in questa prospettiva ancora oggi la posizione Platonica non può non affascinare il cristiano, il quale incontrata in Cristo la risposta, può riscoprire ogni volta in Platone un compagno di viaggio capace di riproporre la domanda. Clemente d’Alessandria aveva chiaro che solo Cristo introduce una vera svolta nell’esistenza umana, solo il Figlio di Dio, nella sua divino-umanità, porta l’autentica risposta al bisogno umano e, allo stesso tempo, proprio in questo incontro all’uomo si chiarisce la sua autentica domanda, la profondità di quel bisogno che Platone e la filosofia greca con lui avevano colto in modo geniale. Così che ogni cristiano si scopre “ad Atene”, si scopre in qualche modo “filosofo”: portatore di una domanda a cui solo un intervento di Dio può rispondere (cf. Platone, Fedone 35). «Da che Cristo è venuto, non abbiamo più bisogno di scuole umanistiche. Egli è un maestro che insegna tutto. Per suo tramite tutta la terra è diventata Atene e Grecia» (Clemente d’Alessandria, in Hugo Ball, “Cristianesimo bizantino. Vite di tre santi”, 2015).