di Giovanni Pallanti · Il presidente della Repubblica Mattarella nel 75esimo della fondazione della Repubblica ha citato Tina Anselmi come modello di virtù democratiche. Nata nel 1927 a Castelfranco Veneto, è morta nel 2016 dopo una vita intensa di lotta per la libertà e la giustizia sociale.
Si chiamava Tina perché un gruppo di soldati italiani di stanza in Africa durante la Prima guerra mondiale, subì un attacco notturno da parte delle truppe nemiche. Si svegliarono in tempo per difendersi grazie a una cagnolina che cominciò ad abbaiare, sentendo avvicinare il pericolo. Questa cagnolina si chiamava Tina. Fra quei soldati c’era il babbo di Tina Anselmi, che volle chiamare la figlia con quello stesso nome.
Il padre Ferruccio, dopo la guerra aveva trovato un posto di lavoro come aiuto farmacista ed era iscritto al partito socialista. Tina Anselmi, come successe a molti giovani fra le due guerre mondiali, si iscrisse all’Azione cattolica, per non diventare fascista. Infatti solo dopo la Seconda guerra, l’Azione cattolica di Gedda virò su posizioni di estrema destra, contestando la politica di Alcide De Gasperi.
Tina Anselmi invece rimase fedele all’impostazione maturata quando, durante la guerra, fu portata, con i suoi compagni di classe, dai fascisti nel viale delle Fosse, di Bassano del Grappa, dove ad ogni albero era stato impiccato un giovane partigiano dai nazifascisti.
L’Anselmi, mai dimenticò ciò che provò di fronte a quella orrenda visione. Sarà sempre antifascista e sinceramente avversaria di ogni totalitarismo. Durante la Resistenza fu staffetta, con il nome di <Gabriella>, della brigata autonoma partigiana <Cesare Battisti>. Dopo la lotta contro il nazifascismo, si laureò in lettere all’Università cattolica di Milano e diventò una sindacalista della Cisl. Iscritta alla Democrazia Cristiana, fu vicina a uno dei maggiori statisti italiani del Dopoguerra: Aldo Moro. Così come al segretario della Dc, eletto nel 1975, Benigno Zaccagnini, anche lui partigiano combattente.
Nel 1976 Tina Anselmi venne nominata ministro del Lavoro e l’anno seguente, su sua proposta, il Parlamento approvò la legge 903, chiamata <Legge Anselmi>, sulla parità di trattamento fra uomini e donne in materia di lavoro. Nel 1978 diventò ministro della Sanità e fece approvare la legge 833, che istituì il servizio sanitario nazionale. Non era mai successo che in Italia, una donna fosse diventata ministro e che fosse riuscita a far approvare due leggi fondamentali per l’applicazione dei valori sanciti dalla Costituzione della Repubblica italiana nata dalla Resistenza.
Tina Anselmi fu nominata, quando era un semplice parlamentare, presidente della Commissione d’indagine sulla loggia massonica P2. Era il 9 dicembre 1981. Anselmi riuscì a scoprire tutti i retroscena del capitalismo malato e della corruzione politica che, in chiave antidemocratica, indebolivano per fini personali, le istituzioni repubblicane. La Commissione P2 scoprì i capi dei servizi segreti, i capi delle Forze dell’ordine, dei carabinieri e dell’esercito, e delle altre forze armate, quasi tutti iscritti alla loggia massonica segreta di Licio Gelli. Furono scoperti anche molti uomini politici e parlamentari, iscritti anche alla Dc. Tra questi, il capo della segreteria politica di Benigno Zaccagnini, onorevole Giuseppe Pisanu.
Tina Anselmi non si fece intimidire da nessuno e svelò nella relazione finale della Commissione d’indagine, tutto quello che aveva scoperto. Mai sposata, si ritirò, ormai molto anziana, in Veneto, nella sua abitazione privata, dove morì serenamente accudita dai familiari e dalle amate nipoti.