Faccia a faccia con Dio. Isacco di Ninive, Rābi‘a, Kinga, Francesco d’Assisi

Sabino Chialà richiama la figura di Isacco di Ninive, vissuto nel VII secolo in Mesopotamia e appartenente alla Chiesa siro-orientale (detta nestoriana e considerata eretica), la cui riflessione è stata riconosciuta per la sua indiscussa autorità, tanto da essere annoverato tra i Padri della Chiesa. Nato in un’area periferica, ha attraversato un’epoca di rivolgimenti politici, sociali e religiosi, nei quali si è fatta spazio la sua esperienza di Dio, che ha dato indirizzo ai suoi scritti teologici. In essi è trattata la misericordia del volto divino che si rivela in tutta la sua forza nella fragilità umana. Egli sviluppa teologicamente la questione dell’esperienza dell’uomo, con le sue passioni, la sua fragilità, le sue tentazioni, persino il suo peccato, quale luogo della rivelazione di Dio. Da ciò nasce la comprensione della compassione quale sentimento di Dio, fino ad una lettura forte della croce: «la morte di nostro Signore non fu assolutamente per salvarci dai peccati né per qualcos’altro, ma solo perché il mondo sentisse l’amore che Dio ha per la creazione» (Centurie IV,78, p. 30).

Caterina Greppi presenta la figura di Rābia‘a al-‘Adawiyya, una donna di Bassora (Iraq), morta nell’801, che da poco più di un secolo è conosciuta anche in Occidente, e che per prima ha testimoniato i valori che saranno del sufismo, il misticismo islamico. Ella conobbe una radicale conversione che la portò ad abbandonarsi completamente a Dio attraverso l’amore incondizionato a Lui. Rinunciò a tutti i suoi beni vivendo la continenza dei bisogni naturali per ottenere il disvelamento del divino. Visse in una capanna, e molti, riconoscendo la sua autorità spirituale, andavano da lei per ottenere consigli (i suoi detti presentano somiglianze sorprendenti con gli apoftegmi dei padri e delle madri del deserto). Un punto centrale della sua spiritualità è la distinzione tra l’amore di desiderio, che consiste nel ricordo di Dio, in cui l’uomo si distoglie da chi è altro da Lui, e l’amore di cui Dio è degno, che consiste nell’azione di Dio finalizzata a togliere i veli all’uomo affinché questi Lo veda. Ella si è così distanziata dalla teologia islamica, per la quale la categoria di amore si riferisce alla Legge e non a Dio, né in Sé né nei confronti dell’uomo (pp. 48-49).