La strategia del guscio della lumaca per uno sviluppo sostenibile

598 500 Stefano Liccioli
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f1_0_a-5-anni-dalla-pubblicazione-dell-enciclica-laudato-si-marco-pezzoni-cremonadi Stefano Liccioli · Lo scorso maggio è ricorso il quinto anniversario della pubblicazione della «Laudato si’», l’enciclica di Papa Francesco sulla cura della casa comune. Tra i tanti aspetti sviluppati da questo documento ce n’è uno che mi sembra particolarmente attuale e riguarda lo sviluppo sostenibile. Lo definisco attuale perché in questo periodo di pandemia è stato detto, in più occasioni, che tra le riflessioni più urgenti da fare ci sarebbe quella sui nostri stili di vita e, in generale, sui modelli economici delle nazioni più ricche considerati, da più parti, poco attenti al vero benessere della Casa comune e dei suoi abitanti, presenti e futuri. Non so quanto dietro ai buoni propositi ci sia una reale volontà di “conversione ecologica”, tanto più che una delle frasi più ricorrenti usate per dare coraggio alle persone è stata che passata la pandemia tutto sarebbe ritornato come prima. Invece no, non deve ritornare tutto come prima. La nostra società ed il nostro mondo devono uscirne migliori e questo miglioramento dipende anche dalla capacità di portare avanti uno sviluppo sostenibile. Nella suddetta enciclica Papa Francesco scrive a tal riguardo:«In ogni modo, se in alcuni casi lo sviluppo sostenibile comporterà nuove modalità per crescere, in altri casi, di fronte alla crescita avida e irresponsabile che si è prodotta per molti decenni, occorre pensare pure a rallentare un po’ il passo, a porre alcuni limiti ragionevoli e anche a ritornare indietro prima che sia tardi. Sappiamo che è insostenibile il comportamento di coloro che consumano e distruggono sempre più, mentre altri ancora non riescono a vivere in conformità alla propria dignità umana. Per questo è arrivata l’ora di accettare una certa decrescita in alcune parti del mondo procurando risorse perché si possa crescere in modo sano in altre parti». I numeri, da parte loro, confermano le affermazioni del Santo Padre. Già nel 2005 il dettagliato studio intitolato “Millennium Ecosystem Assessment” commissionato dall’allora segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan faceva notare che, per esempio, i paesi in via di sviluppo stavano registrando un aumento della produzione di rifiuti con la conseguente degradazione degli ecosistemi e la perdita di biodiversità oppure come la raccolta globale di legname era aumentata del 60% dal 1960 al 2005. I dati, qualora ce ne fosse bisogno, ci ricordano che il mondo haslide1-n risorse limitate perciò lo sviluppo economico non può essere illimitato o almeno non lo può essere nel senso comune attribuito a questo termine come se fosse, ad esempio in un grafico, una retta sempre in ascesa. Dobbiamo prendere realmente coscienza che una crescita infinita è incompatibile con un mondo finito e che le nostre produzioni e i nostri consumi non possono superare la capacità di rigenerazione della biosfera. Facendo riferimento alla mitologia greca, il rischio reale è quello di trasformarci in tanti Crono che divorano i propri figli, persone cioé che pregiudicano l’esistenza delle generazioni future preparando per loro un mondo a dir poco inospitale. In tale ottica la lezione del filosofo Hans Jonas è più che mai pertinente. Nella sua opera Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica (1979) egli afferma che la tecnica moderna ha cambiato l’agire umano conferendogli un potere che può avere delle conseguenze a lungo termine inimmaginabili anche dallo scienziato o dal filosofo. A suo avviso la Natura, sottoposta all’azione dell’uomo, ha assunto un nuovo carattere vulnerabile che ci impone una responsabilità verso di essa, proporzionata alla portata del nostro sapere. La presenza dell’uomo nel mondo non essendo più un dato indiscutibile deve diventare oggetto dell’obbligazione. Un’obbligazione che Jonas sintetizza in questo imperativo: «Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la permanenza di un’autentica vita umana sulla terra». Si tratta di una responsabilità nei confronti dei “figli che non hanno volto” per niente scontata dal momento che già il 9788806201050_0_200_304_75nostro atteggiamento verso il prossimo che vediamo spesso non è rispettoso e responsabile. Penso a tutte quelle popolazione prive del necessario per vivere e che muoiono di fame, mentre altre popolazioni come la nostra occidentale hanno tutto e di più. L’applicazione di questo imperativo passa specialmente attraverso la scelta di sistemi economici improntati ad uno sviluppo sostenibile, che accettino anche la decrescita. Una parola questa che generalmente piace poco ancorché usata, come fa l’economista Serge Latouche, con l’aggettivo felice: decrescita felice. Piace poco perché evoca, erroneamente, la chiusura delle industrie, la diminuzione del lavoro e dunque degli occupati. E’ stata allora preferita l’espressione di “a-acrescita” o di “abbondanza frugale”. Al di là dei termini è importante rifondare le economie dei Paesi più avanzati su standard diversi che privilegino la rigenerazione ed il riutilizzo dei beni prodotti e favoriscano comportamenti caratterizzati dalla sobrietà, diminuendo il proprio consumo di energia e migliorando le condizioni del suo uso, come già indicava anche Papa Benedetto XVI. Così facendo non avremmo un aumento della disoccupazione e l’economia non andrebbe in una crisi irreversibile. Essa inizierebbe soltanto a procedere in modo diverso, secondo un modello differente, proprio come fa la lumaca nella costruzione del suo guscio e che Latouche spiega così:«La lumaca costruisce la delicata architettura del suo guscio aggiungendo una dopo l’altra spire sempre più larghe, poi smette bruscamente e comincia a creare circonvoluzioni stavolta decrescenti. Una sola spira più larga darebbe al guscio una dimensione sedici volte più grande. La lumaca, evidentemente dimostra più saggezza degli uomini, che l’eccessiva grandezza peggiorerebbe la qualità della sua esistenza e allora abbandona la ragione geometrica in favore di una progressione aritmetica». Concludo facendo riferimento alle parole di Papa Bergoglio sempre nella “Laudato si’”:«Affinché sorgano nuovi modelli di progresso abbiamo bisogno di “cambiare il modello di sviluppo globale”, la qual cosa implica riflettere responsabilmente “sul senso dell’economia e sulla sua finalità, per correggere le sue disfunzioni e distorsioni”. Non basta conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la rendita finanziaria, o la conservazione dell’ambiente con il progresso. Su questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro. Semplicemente si tratta di ridefinire il progresso. Uno sviluppo tecnologico ed economico che non lascia un mondo migliore e una qualità di vita integralmente superiore, non può considerarsi progresso».

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Stefano Liccioli

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