La sovranità delle nazioni come via all’unità dei popoli
Molti commentatori colsero l’allusione alla Polonia, in realtà il Papa andava oltre. Come ribadirà in altri interventi, Giovanni Paolo II tratteggia un’idea di nazione, che non coincide semplicemente con il concetto di stato titolare della sovranità, ma si allarga ai popoli, alla loro storia e alla loro cultura, dove lo stato è considerato «espressione dell’autodeterminazione sovrana dei popoli e delle nazioni» e i diplomatici «rappresentanti dei popoli e delle nazioni che, attraverso tali strutture politiche, manifestano la loro sovranità, indipendenza politica e la possibilità di decidere del loro destino in maniera autonoma» (1979). In questa ottica, denuncia il grave rischio di un «nuovo paganesimo» generato dalle ingiustizie, dal considerare alcuni popoli e culture inferiori ad altri, dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo (1984), che conduce inevitabilmente alla «divinizzazione della nazione. La storia ha dimostrato che, dal nazionalismo, si passa velocemente al totalitarismo e che, quando gli Stati non sono più uguali, le persone finiscono, anch’esse, per non esserlo più. Così la solidarietà naturale fra i popoli viene annientata, il senso delle proporzioni stravolto, il principio dell’unità del genere umano disprezzato» (1994). È l’opposto della visione cattolica che vede l’umanità destinata a raccogliersi come famiglia di Dio.
Sulla linea di Ecclesia in Europa si pronuncerà anche Benedetto XVI e recentemente Papa Francesco. In un suo discorso del 2019, di fronte «al disegno di una globalizzazione immaginata come “sferica”, che livella le differenze e soffoca la localizzazione», dove «è facile che riemergano sia i nazionalismi, sia gli imperialismi egemonici», esortava alla «consapevolezza dei benefici apportati da questo cammino di avvicinamento e concordia tra i popoli intrapreso nel secondo dopoguerra» dall’Europa, per evitare «la minaccia del ricorso a conflitti armati ogni volta che sorge una vertenza tra Stati nazionali, come pure (…) il pericolo della colonizzazione economica e ideologica delle superpotenze, (…) la sopraffazione del più forte sul più debole». Allargando l’orizzonte sottolineava inoltre che «Lo Stato è chiamato ad una maggiore responsabilità (…) oggi è suo compito partecipare all’edificazione del bene comune dell’umanità, elemento necessario ed essenziale per l’equilibrio mondiale».
culturale ed economica in una convivenza nella quale tutti si sentano a casa propria e formino una famiglia di Nazioni» (EiE, 121). A questo proposito, Giovanni Paolo II così esortava Europa: «Sii certa! Il Vangelo della speranza non delude! Nelle vicissitudini della tua storia di ieri e di oggi, è luce che illumina e orienta il tuo cammino; è forza che ti sostiene nelle prove; è profezia di un mondo nuovo; è indicazione di un nuovo inizio; è invito a tutti, credenti e non, a tracciare vie sempre nuove che sboccano nell’Europa dello spirito, per farne una vera casa comune dove c’è gioia di vivere» (Ibidem).
Esortazione quanto mai utile meditare oggi…