di Dario Chiapetti • «Il mistero trinitario è il cuore della fede cristiana»: così esordisce il teologo Jean Paul Lieggi, docente della Facoltà Teologica Pugliese, nel suo Teologia trinitaria (EDB, Bologna 2019, 323 pp., 25 euro). Ma quanto ciò è vivo nella consapevolezza e nella vita di noi credenti? Quanto abbiamo presente che Dio è eminentemente il Padre e che l’accesso a Questi ci è offerto nell’incorporazione nella persona di Cristo, nell’essere immersi in quell’essere che esiste come dono di sé che manifesta non sé ma l’Altro, il Padre, per opera dello Spirito? Quanto le nostre eucaristie sono vissute come l’essere costituiti Corpo – essere comunionale-comunitario – che invoca il Padre di mandare lo Spirito sul frutto della terra e del nostro lavoro al fine di convertire chi offre con ciò che è offerto nell’esistenza oblativa del Figlio? E quanto crediamo che in tale orizzonte trinitario e ecclesiale che coinvolge la creazione e il lavoro umano sia la salvezza, la vita eterna?
Perdere la dimensione trinitaria della fede produce effetti nefasti propri di un (neo)paganesimo: la persona è concepita come individuo, i Tre e i santi come dèi di un Olimpo, la creazione un campo da sfruttare, le specie sacramentali annichilite in quanto meri supposita, la liturgia delle parate devozionali (antiche o meno), la Chiesa un’organizzazione (che oggi, per la scarsità di mezzi e numeri, non appare neanche più perfecta) e la morale un codice di comportamento (così estrinseco all’uomo che facilmente questi sente di poterselo costruire a proprio piacimento impugnando alcuni suoi aspetti e misconoscendone clamorosamente altri).
In tale contesto è di vitale importanza un rinnovamento degli studi teologici incentrato proprio sul mistero trinitario. Se per i Padri la conoscenza è unione divino-umana essa, anche nella sua forma di esercizio intellettuale, non può che avere la Trinità come criterio (ogni problema umano è riconducibile al mistero della Trinità – Florenskij), oggetto e soggetto (il compiuto conoscere è conoscere, nel Figlio, il Padre – Atanasio) e luogo (si conosce massimamente nell’evento eucaristico, il comunicarsi pieno della Trinità nella storia – Zizioulas). Il fatto che da qualche secolo a questa parte si sia assistito alla scomparsa della pneumatologia e allo scollamento della cristologia con quest’ultima, con la teologia della creazione, l’ecclesiologia, l’escatologia, la sacramentaria, la liturgia e la morale non è affatto un buon segno (ma la ripresa è in atto).
Il presente testo è un’«introduzione» alla teologia trinitaria e un «invito» accorato allo studio di questa che l’Autore rivolge al lettore mediante la proposta di un preciso percorso, diverso da quello del manuale classico. Il testo si apre con un Preludio che mette in luce la centralità della Trinità per la vita del credente e prosegue, non trattando lo sviluppo storico della definizione del dogma (ripreso in un’Appendice finale), ma con tre Avvii prospettici per accostare da più angolature il mistero di Dio. Il primo riguarda la «Trinità dossologica» e ha il merito di proporre metodologicamente l’approccio al mistero trinitario a partire dalla Trinità lodata, adorata e ringraziata, così come è stato nella Chiesa nascente. Ciò porta il lettore nell’ambito della liturgia, di quell’esperienza luminosa e ineffabile al contempo che mette in risalto quella prospettiva, abbastanza dimenticata in teologia (anche orientale), che è quella apofatica. Essa non è un tacere ma un atteggiamento da cui prende avvio un preciso sentiero di riflessione che porta a inquadrare in un determinato modo le questioni teologiche evitando di scadere in riflessioni che lasciano sorpresi per il grado di catafaticità che raggiungono. Il secondo avvio riguarda la relazione tra «Trinità economica e Trinità immanente» e mette in luce la salutare aporia tra l’irriducibilità della prima alla seconda e l’identità tra queste. Il terzo avvio – dopo un Focus sullo Spirito, la prima persona la cui azione l’uomo sperimenta – si incentra sulla «Trinità radicale», ossia sul rapporto tra esperienza e riflessione teologica. Segue un Interludio sulla teologia del Figlio, la seconda persona che, per mezzo dello Spirito, è rivelata al credente.
Nel Figlio per lo Spirito può aprirsi la Parte II dedicata alla riflessione sul centro del mistero trinitario: l’unità e la Trinità di Dio. L’Autore giunge a una lodevole esposizione sintetico-sistematica dei modelli di comprensione teologica della vita divina e che di seguito, senza poterne qui offrire una lettura critica, credo utile riportare. Lieggi individua – annotandone punti di forza e limiti – quattro modelli: due partono dall’unità di Dio, due dalla Trinità delle persone. Nel primo gruppo vi è quello di «unità personale» – maggiormente attestato nelle Scritture, nella liturgia e nei Padri – che vede nel Padre il principio dell’unità e della Trinità di Dio (rischio: subordinazionismo); vi è poi il modello di «unità assoluta», più occidentale, che attribuisce alla sostanza (relazionale) il ruolo ricoperto dal Padre nel modello precedente (rischio: preminenza del De Deo Uno sul De Deo Trino). Nel secondo gruppo si incontra il modello «interpersonale», proprio soprattutto di Riccardo di San Vittore con la sua dottrina del diligens, dilectus e condilectus (limite: Trinità e unità sono spiegate su due piani diversi, la prima su quello della persona, la seconda su quello della sostanza); e il modello «pericoretico-comunionale», proprio di Moltmann e Greshake, secondo il quale l’unità delle persone sta nel loro reciproco inabitarsi e amarsi (limite: la taxis trinitaria e la natura divina sono mandate in pensione). A ciò l’Autore fa seguire la presentazione della sua personale proposta – che qui posso solo enunciare – improntata sulla teologia di Basilio di Cesarea e in particolare sulla nozione di sintassi – syn-taxis – in cui il syn esprime la comunione (personale ma anche di sostanza), la taxis le relazioni d’origine. A conclusione del percorso il testo si chiude così – dopo il Focus sullo Spirito e l’Interludio sul Figlio – con un ultimo Focus, sulla persona del Padre, fonte e origine della Trinità.
Il tentativo di Lieggi è degno di nota: riporta attenzione sul mistero della Trinità e sull’importanza del suo studio; ripone la questione del peso del dogma e della patristica per il teologo d’oggi; e infine elabora un percorso originale e accessibile che tiene conto di una certa carenza del fondamento e del contenuto trinitario della fede vissuta che preoccupa se si ammette – nella Trinità tutto sussiste no? – che certe ricadute esistenziali, ecclesiali, ecologiche e soprattutto ontologiche possano provenire proprio da essa.