La seria importanza del gioco
di Giovanni Campanella • Nel mese di gennaio 2018, la casa editrice EDB ha pubblicato, all’interno della collana “Cammini di chiesa”, un piccolo saggio, intitolato Mettersi in gioco. Chiesa, parrocchia e sport. È introdotto da Carolina Kostner ed è formato da quattro articoli rispettivamente di don Antonio Mastantuono, Luca Grion, mons. Mario Lusek e Fortunato Ammendolia. Mentre i primi due articoli si muovono più su linee generali e teoriche, gli ultimi due esaminano l’interrelazione tra Chiesa e gioco/sport calandoli in una dimensione più concreta.
Kostner è nota per essere stata otto volte campionessa italiana di pattinaggio artistico su ghiaccio, cinque volte campionessa europea e, nel 2012, campionessa mondiale. Nel 2014 ha vinto la medaglia di bronzo alle Olimpiadi invernali di Soči. Nella sua testimonianza, sottolinea quanto lo sport sia stato importante nello sviluppo del suo carattere. Lo sport le ha trasmesso l’importanza di valori quali l’amicizia, il rispetto, la competizione pulita, la consapevolezza dei propri limiti, andando avanti senza mai pensare di non avere più nulla da imparare.
Il suo contributo ha un taglio storico-teologico. Rileva come in ambito cristiano non sia stata immediata l’intuizione di servirsi del gioco come veicolo positivo di apertura verso l’altro. E tuttavia, già su un piano biblico, si potrebbe dire che Dio abbia da sempre giocato e che le categorie di gioco e gioia hanno spesso caratterizzato la storia del creato, fin dalle sue primissime origini. Sono celebri e vengono citati spesso, discutendo questo argomento, i versetti 30 e 31 del capitolo 8 dei libro dei Proverbi :
«io ero con lui come artefice
ed ero la sua delizia ogni giorno:
giocavo davanti a lui in ogni istante,
giocavo sul globo terrestre,
Col tempo, la Chiesa ha sempre più valorizzato il grande potenziale del gioco. Anche teologi di spessore come Hugo Rahner e Moltmann hanno scritto saggi specifici sul gioco.
Grion mette in guardia rispetto alle varie storture dello sport attuale, come il doping, la corruzione, la condanna dell’imperfezione, l’iper-esaltazione della performance. Bisognerebbe purificare lo sport dalle sue degenerazioni e valorizzarne i molteplici aspetti positivi. Tra le altre cose, lo sport puro rafforza la pace, fa scoprire la ricchezza dell’altro, potenzia l’unità, evidenzia la bellezza dello stare insieme e suggerisce che non si è liberi dalle regole ma grazie alle regole.
Lusek cita vari documenti ufficiali e ricorda che già da san Pio X i papi hanno chiaramente compreso l’importanza dello sport. La ricca esperienza dell’associazionismo d’ispirazione cristiana ha influito moltissimo nella cultura dello sport in Italia. Anche se del 1995, la nota pastorale Sport e vita cristiana è ancora fondamentale per ogni operatore pastorale che voglia occuparsi di sport. In un discorso del 7 giugno 2014, papa Francesco ha affermato: «Se non c’è un gruppo sportivo in parrocchia, manca qualcosa».
Il quarto autore è Fortunato Ammendolia, studioso di Pastorale Digitale e di opinion mining in ambito religioso. Egli rileva, come già Lusek nel suo contributo, che talvolta, a livello “popolare”, si contrappone il gioco al catechismo. In realtà la catechesi non dovrebbe essere totalmente sconnessa dal gioco e anzi dovrebbe servirsene come strumento importante per passare da un catechismo-obbligo «a un catechismo-dono, che apre alla gioia. Il gioco, quindi, non prima o dopo il catechismo ma dentro la catechesi, che ne eredita le caratteristiche» (p. 60).