di Leonardo Salutati · In questo mese di Ottobre 2022, edito dalla Libreria Editrice Vaticana, è uscito l’ultimo libro di Gaël Giraud intitolato “La rivoluzione dolce della transizione ecologica. Come costruire un futuro possibile”, dove vengono affrontati argomenti di assoluta attualità: riscaldamento climatico, acidificazione degli oceani, scioglimento dei ghiacciai e del permafrost… Giraud spiega che l’espressione “rivoluzione dolce” si contrappone ad un prevedibile “disastro” a livello mondiale, conseguenza del “business as usual”, a meno che non vengano presi provvedimenti.
Per esempio, in tema di riserve dei minerali, Giraud invita ad immaginare quello che capiterà all’economia internazionale nel 2060, quando vi sarà il picco dell’estrazione del rame, che è essenziale per il funzionamento delle nostre società. Oppure, quando nel 2075 il Texas, la Florida e la California subiranno una desertificazione naturale che avrà ripercussioni demografiche, economiche e migratorie, con gravi conseguenze sugli equilibri interni agli Stati Uniti. Tra i tanti dati ed esempi quello della mancanza d’acqua riguarda in particolare l’Italia. Infatti, secondo i dati del World Resources Institute di Washington, nel 2040 è calcolata una diminuzione del 40% di disponibilità di acqua potabile in Italia; 20% per la Francia. Cosa questo possa significare è facile immaginarlo alla luce dell’esperienza di carenza d’acqua della trascorsa estate 2022.
Soprattutto, è degna di rilievo nel libro di Giraud la critica mossa alla scienza economica. L’autore è economista con un dottorato di ricerca in matematica applicata nonché membro di importanti istituti di ricerca e contesta all’economia neoclassica una matematica troppo elementare, che produce una “teoria dell’equilibrio economico” semplicistica, che non prende in considerazione ogni variabile in campo e la sua interazione con le altre, come invece già avviene nella fisica e nella chimica, aspetti peraltro di cui gli economisti sono sempre stati consapevoli. Giraud afferma che è necessario utilizzare la matematica complessa per adattare i modelli di analisi alla realtà e non, invece, ipotesi rigide come, per esempio, il “paradigma delle aspettative razionali” che piegano la realtà ai modelli economici. Potrebbero sembrare affermazioni spropositate, in realtà derivano dalla sua esperienza di lavoro nelle istituzioni finanziarie, dove ha potuto verificare sul campo qual è la differenza fra la complessità del reale e i presupposti di razionalità teorizzati nei modelli dell’economia neoclassica che vengono dichiarati nelle procedure e nelle compliance delle istituzioni finanziarie, constatando che queste ultime sono organismi burocratici che tendono ad autoperpetuarsi e che, spesso, fanno esattamente ciò che, secondo i principi di razionalità, non dovrebbero fare.
Diversamente, due anni fa alla Georgetown University di Washington, dove è attualmente professore, Giraud ha fondato l’Environmental Justice Program, dove sedici ricercatori – economisti, matematici, filosofi, sociologi, biologi – elaborano modelli ibridi e sistemi dinamici in cui gli scenari economici sono valutati alla luce dei cambiamenti climatici e della geofisica, con risultati che hanno destato l’interesse della Division of Financial Stability della Federal Reserve Statunitense.
L’ostacolo ad una “rivoluzione dolce” per Giraud è costituito dalle banche che temono il cambiamento. Per esempio, le prime 11 banche della zona euro hanno “prodotti finanziari derivati” su fossili per 530 miliardi di euro, ovvero il 95% della capitalizzazione delle stesse banche, per cui se ci fosse uno stop alle energie fossili fallirebbero. Tuttavia, vi sarebbe il modo per salvare le banche rendendole amiche della “transizione dolce” ma, al momento, manca la volontà anche perché oggi il mercato ha assunto le caratteristiche di un idolo pagano: è onnisciente, onnipotente, benevolente, perfetto. Una pseudo teologia moderna falsa, che non funziona e non fa bene agli uomini e alle donne (G. Giraud).
Per questo Giraud invita a guardare alla proposta della Chiesa di una nuova economia, che può e deve essere un’economia amica della terra e di pace, sostenibile a livello sociale, relazionale e spirituale, come la prima economia di mercato nata nel Duecento in Europa, dove i frati francescani a contatto quotidiano con i mercanti dell’epoca contribuirono a dare vita ad un’economia che creava ricchezza (Papa Francesco, 2022), ma non trascurava la dimensione del dono, elemento essenziale della vita in generale e della vita economica in particolare, perché è dal dono che nasce la fiducia e, senza fiducia, non c’è economia possibile e sostenibile nel tempo (G. Giraud).