Rivincita della sociologia sulla matematica in economia
di Giovanni Campanella · Sul finire del mese di gennaio 2021, la casa editrice Luiss University Press ha pubblicato un libro intitolato Il mercato rende liberi e altre bugie del neoliberismo e scritto da Mauro Gallegati, con prefazione di Francesco Saraceno.
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Francesco Saraceno è nato a Roma nel 1967. Insegna macroeconomia internazionale ed europea a Sciences Po e alla Luiss. È vicedirettore dell’OFCE, l’osservatorio francese di congiunture economiche, e membro del comitato scientifico della Luiss School of European Political Economy.
Il libro in questione mette in evidenza le debolezze delle basi su cui poggiano i modelli previsionali dell’attuale pensiero economico mainstream, al quale tra l’altro attingono i principali policy maker di oggi, con danno di cittadini costretti a subire politiche economiche tutt’altro che foriere di vantaggi.
Sulla scia degli strabilianti successi della fisica, verso la fine dell’Ottocento un sempre maggior numero di economisti ha incominciato a impiegare rigorosi modelli matematici anche all’interno del loro campo. Questo ha dato per lungo tempo alla scienza economica un’aura luminosa di scienza oggettiva non opinabile. Ne sono scaturiti bei modelli, formalmente molto eleganti e coerenti, che hanno acquisito tra gli studiosi un’autorevolezza tale per cui controbattere ad essi faceva incorrere nel rischio di passare per ignoranti. Da questi modelli è emerso il dogma neoliberista dell’intoccabilità dei mercati, capaci, da soli e liberi di agire, di traghettare l’umanità verso l’ottimo.
Qual è il problema alla fonte? Fisica ed economia non sono la stessa cosa. Tra l’altro la fisica ha affinato e cambiato i propri strumenti nel tempo, cosa che non è quasi successa in economia. Le persone non sono atomi. Le persone interagiscono tra di loro molto più di quanto lo facciano gli atomi. Il comportamento delle persone è assai meno prevedibile rispetto al comportamento degli atomi. La matematica è uno strumento potente ma bisogna sempre andare cauti con le previsioni. La matematica è fondamentale per le rilevazioni e l’analisi della realtà ma non può generare leggi in economia: l’economia è un osso troppo duro anche per la matematica. Riprendono piede approcci più umanistici, antropologici, sociologici nell’analisi economica e modelli matematico-statistici più cauti e non lineari, che tengono conto di più eterogeneità, più complessità e che già all’inizio mettono umilmente in conto la propria fragilità.
Vilfredo Pareto, celebre economista di fine ‘800, fu inizialmente assai impressionato dalle formule matematiche introdotte in economia da Léon Walras, altro grandissimo economista ottocentesco (considerato il più grande da Schumpeter), tanto da arrivare ad affermare:
«”L’economia non abbia timore di diventare un sistema assiomatico-deduttivo, ipotizzando agenti e processi economici idealizzati, così come la fisica utilizza con grande profitto entità come i corpi rigidi, i fili inestensibili e privi di massa, i gas perfetti, le superfici prive di attrito”. In realtà i dubbi di Pareto sulla metodologia walrasiana si fanno sempre più insistenti nel tempo – in una lettera a Pantaleoni lamenta il fatto che Walras “non vede ragioni al di fuori del metodo matematico” – poiché l’aggregato è più della somma degli addendi e il comportamento non razionale è di pari importanza rispetto a quello razionale» (p. 37)
Alla fine Pareto si “convertì”, fece un’inversione, abbandonò l’economia matematica e passò a concentrarsi sulla sociologia.