Pio XII e Giorgio La Pira sul carattere internazionale e la missione di Gerusalemme.
di Carlo Parenti · I drammatici recenti scontri tra israeliani e Hamas nella Striscia di Gaza e i palestinesi nei territori occupati con il tristissimo bilancio dei morti, dei feriti, delle sofferenze e delle distruzioni mi inducono a una riflessione sul fatto che su questa terra di Gerusalemme, Israele, Palestina -che miliardi di persone al mondo considerano Santa- non può continuare a spargersi sangue. Sangue innocente, sangue di civili e donne, sangue di bambini all’interno di un mosaico di culture e religioni, che innanzitutto è mosaico di persone. La guerra, come ci ricorda sempre Papa Francesco «è la negazione di tutti i diritti e se si vuole un autentico sviluppo umano integrale per tutti, occorre proseguire senza stancarsi nell’impegno di evitare la guerra tra le nazioni e tra i popoli».
Questo ha per noi cristiani un significato assoluto, ontologico e teleologico, proprio perché la Terra Santa e in particolare Gerusalemme è il luogo che non può essere di alcuno, ma è del mondo, vocata ad essere la città del dialogo e della Pace. Nel rinviare ai recenti appelli di Papa Francesco voglio qui ricordare due encicliche di Pio XII e la visione del venerabile Giorgio La Pira. Vi trovo temi attualissimi e purtroppo irrisolti.
24 ottobre 1948 (vedi), agli albori della spartizione della Palestina, sottolineò il carattere internazionale che Gerusalemme avrebbe dovuto assumere per il significato che essa ha per ebrei, cristiani e musulmani. Vi si legge tra l’altro:
Sul tema Papa Pacelli era più brevemente intervenuto già nello stesso anno , il 1° maggio, nell’altra Enciclica AUSPICIA QUAEDAM- Preghiere nel mese di maggio per la concordia delle nazioni (vedi) .