La Vita di Cristo dell’abate Ricciotti tra sangue e vangelo.

di Carlo Nardi · Precisamente: Giuseppe Ricciotti, Vita di Gesù Cristo [anno 1941] con una introduzione critica del Autore e una premessa di Luigi Santucci, I-II, Arnoldo Mondadori Editore, prima edizione Oscar Mondadori nel settembre del 1974.

Prefazione alla 1a edizione

Guarito che fui e tornato alla vita normale, quell’idea della Vita di Gesù Cristo invece di attirarmi mi sgomentava, e ogni volta che vi ripensavo ne avevo sempre più paura: eppure non solo non mi abbandonava giammai, ma piuttosto diventava per il mio spirito una specie di necessità. Come si fa istintivamente di fronte alle necessità paurose, cominciai con girarle dattorno, quasi per illudere me stesso: mi detti a pubblicare studi su testi ebraici e siriaci, quindi una Storia d’Israele e poi ancora la guerra giudaica di Flavio Giuseppe, ma la cera roccaforte restava ancora là intatta nel bel mezzo nei mie giri, risparmiata dalla mia paura. Ben poco mi scossero esortazioni d’amici e inviti d’autorevolissimi persone: risposi immutabilmente per molti anni che le mie forze non reggevano davanti a una Vita di Gesù Cristo.

Invece più tardi, contro ogni previsione, ho ceduto. Ma ciò è avvenuto perché l’agonia dell’ospedaletto da campo, dopo tanti anni, si è rinnovata e in circostanze assai peggiori: quando cioè vidi che la tempesta di una nuova guerra s’addensava sull’umanità, e che l’Europa secondo ogni più facile previsione sarebbe stata nuovamente allagata di sangue, allora mi parve che non la mia persona ma tutta intera l’umanità, quella cosiddetta civile, giacesse moribonda con un vangelo macchiato di sangue sul suo pagliericcio.

Quest’immagine divenne allora così imperiosa su di me fui costretto ad obbedire: essendo tornato il sangue sul mondo, bisognava pure il vangelo. E così il presente libro è stato scritto mentre l’Europa era nuovamente in preda alla guerra ossia a ciò ch’è la negazione più integrale del vangelo.

Ma appunto per questa ragione ho voluto fare opera esclusivamente storico-documentaria: ha cercato cioè il fatto antico e non la teoria moderna, la sodezza del documento e non la friabilità d’una sua interpretazione in voga: ho perfino osato imitare la nota ‘impassibilità’ degli evangelisti canonici, i quali non hanno né una esclamazione di letizia quando Gesù nasce né un accento di lamento quando egli muore. Ho mirato, dunque, a far opera di critica.

Roma, gennaio 1941

Ed ora mi ritrovo in un piccolo detto che abbraccia un mondo intero con un dotto scritto che anela e induce verità.