di Andrea Drigani · Lo scorso 18 maggio si è fatto memoria del centenario della nascita di San Giovanni Paolo II. Per questa circostanza molte cose sono state scritte e dette su di lui cominciando da Papa Francesco. Ma per i cultori di diritto canonico (postilla: secondo il Devoto-Oli il cultore è una «persona che si dedica, per lo più a livello scientifico o professionale, a un’attività intellettuale con interesse e passione costanti») tra i quali anch’io mi annovero, le decisioni e il magistero di Papa Wojtyła costituiscono, realmente, come si suol dire, una pietra miliare nella storia del diritto della Chiesa. Lui, infatti, ha portato a conclusione l’opera, iniziata da San Giovanni XXIII e proseguita da San Paolo VI, per una rinnovata codificazione canonica latina ed orientale, attraverso la promulgazione nel 1983 del «Codex iuris canonici» e nel 1990 del «Codex canonum ecclesiarum orientalium». Si è trattato, com’è noto, di un cammino complesso e difficile, di studio e di confronto, non immune anche da contestazioni. Di tutto ciò si possono cogliere gli echi nel discorso che San Giovanni Paolo II pronunziò il 3 febbraio 1983 per la presentazione del nuovo «Codex» latino. Fu un’allocuzione magistrale, non solo nel senso della provenienza, ma pure della competenza. Papa Woityła esordì con una domanda: «Che cos’è il diritto nella Chiesa?». Una prima risposta, osservò San Giovanni Paolo II, si trova nella storia, non soltanto nella storia della Chiesa che ha visto una lunghissima tradizione giuridica di grande valore dottrina e culturale, ma nella storia del popolo di Dio nell’Antico Testamento, dove l’alleanza tra Dio e il popolo d’Isreale costituisce un vincolo d’amore, che deve trovare espressione nella testimonianza della vita quotidiana, attraverso l’osservanza dei comandamenti. Tale fedeltà fu considerata una vera sapienza. Il ministero dei profeti richiamò il popolo ebraico al rigoroso rispetto dell’alleanza e delle leggi, ribadendo, per quest’ultime, la necessità di un’osservanza interiorizzata. Gesù, proseguì Papa Wojtyła, ha proclamato di non essere venuto per abolire, ma per dare compimento alla Legge. Agli Apostoli e ai discepoli chiede la permanenza nell’amore, ma questa permanenza è condizionata dall’osservanza dei suoi precetti. Nelle prime comunità cristiane, come emerge dall’epistolario paolino, gli Apostoli con l’autorità ricevuta dal Signore, impartiscono ordini e disposizioni per la necessaria disciplina all’interno delle Chiese particolari. Ma, oltre alla risposta storica, San Giovanni Paolo II indicava le motivazioni più profonde e più vere della legislazione ecclesiastica nella prospettiva teologica ed ecclesiologica. In special modo tenendo presente le affermazioni della Costituzione conciliare «Lumen gentium», secondo cui la Chiesa è, contemporaneamente ed inseparabilmente, comunità messianica ed escatologica soggetta al suo Capo e compagine visibile, costruita e organizzata come società; ne consegue che la Chiesa è anche una struttura visibile con precise funzioni e poteri. Benchè, diceva ancora Papa Wojtyła, tutti i battezzati partecipino dell’ufficio regale, profetico e sacerdotale di Cristo, tuttavia i chierici e i laici ricevono distinte funzioni in ordine alla loro sociale attività, funzioni regolate e tutelate per volontà di Cristo dal «sacro diritto» (Ius Sacrum), in modo che si provveda al bene comune della Chiesa. San Giovanni Paolo II rilevava, inoltre, che è da questa mirabile realtà ecclesiale, invisibile e visibile, che dobbiamo riguardare il «Ius Sacrum», che vige ed opera all’interno della Chiesa: è prospettiva che, evidentemente, trascende quella meramente storico-umana, anche se la conferma ed avvalora. Papa Wojtyła, verso il termine del discorso, rispondeva alla domanda con la quale aveva iniziato la sua allocuzione, affermando che il diritto canonico non va considerato come un corpo estraneo, né come una sovrastruttura ormai inutile, né come un residuo di presunte pretese temporalistiche. Connaturale è il diritto alla vita della Chiesa, cui anche di fatto è assai utile: esso è un mezzo, è un ausilio, è anche – in delicate questioni di giustizia – un presidio. Ritengo che questa visione del «Ius Sacrum» presentata da San Giovanni Paolo II sia sempre da coltivare.