Don Mario Naldini e le «Voci della Chiesa antica».
L’attenzione è al tempo, anzi all’anno: c’è il Verbo fatto carne a Betlemme, il miserere della conversione, la Pasqua del Risorto, la Pentecoste, che si avvia la santissima Trinità, la Chiesa di san Pietro, mistero e ministero nel Cristo Gesù, la Madre della salvezza, i Padri per la vita nostra e il prossimo con attenzione ‘il segni dei tempi’.
Infine “Finito di stampare dalla Tipografia Opera Madonnina del Grappa, Firenze, via d. Giulio Facibeni, 13 nel mese di luglio 1980” (p. 61). Don Naldini mi lesse, ancora in bozze, la Premessa, chiedendomi lumi. Quel modo di dire, “pensiero d’ispirazione patristica”, fu un mio pensiero che avevo in mente con il filosofico Jacques Maritain, e a Naldini parve adatto e ci rimase. D’altra parte, in un faldone dello stesso 1980 ritrovo un mio scritto Riflessioni d’ispirazioni patristica sul problema del senso della vita, che nel 1983 inviai come Il senso della vita. Riflessioni d’ispirazione patristica per la Rivista di ascetica e mistica, già Vita cristiana (52, pp. 20-24).
Intanto, domenica 14 dicembre 1980, era uscita dall’Osservatore Romano (p. 3) una mia recensione in merito alle Voci:
Chi ha letto la raccolta di “riflessioni d’ispirazione patristica” di Mario Naldini, gustando quelle “significative testimonianze dell’antichità cristiana”, sente riecheggiare una coralità multiforme di voci (…) delle tradizioni più diverse dell’orbe cristiano antico. (…) testimonianze letterarie dallo stile elevato e documentarie dal tono colloquiale, illustri dottori della Chiesa e personaggi altrimenti sconosciutici ci vengono incontro per parlare delle cose del loro tempo, ma anche per introdurci ad “intendere il flusso vitale di una ‘tradizione’ perenne”. (…)
Le pagine del Naldini dono sostanziate dell’acribia del filologo che non si esime del rigore, apparentemente arido, della lettura, (…) pervasa di maxima reverentia di fronte ad ogni frammento di umanità che sia testimone di una “fede vivente di una tradizione consacrata”, come si esprimeva Johann Adam Moehler (1796-18).
Ogni parola umana, che si impregna si divino, rimanda ad un preliminare lavoro di decifrazione, perché, insieme agli autori, vengono in mente al lettore puntuali contributi (…).
Nel 1998 è un altro suo scritto: Mario Naldini, Tempi dello spirito. Voci dei Padri, Nardini Editore, Fiesole 1998, tra le Letture patristiche 5, con una copertina: “Pentecoste e predica di San Pietro. Antifonario (A4), c. 87r, del sec. XIV, Museo di Santa Maria all’Impruneta”, la sua cara Impruneta col Natio borgo selvaggio” del pacioso Ferdinando Paolieri imprunetino, che lo chiappò, tutto dire, dal malinconico immane Leopardi.
Eppure, talvolta c’era una schiettezza, quella della povera gente. Penso al dotto, a suo modo, e pio e generoso, il sarto nei Promessi Sposi con i suoi racconti della Tebaide (cap. XXIV), e dei Padri del deserto e il Leggentario de’ Santi (cap. XXIX) in volgare, che pur si trovano, e in greco e in latino, ai tempi di sant’Antonio abate (130-140 circa) nell’antico Egitto. E poi santa Tebaide ed il Sant’Antonio ‘dalla barba bianca’ su tutte, o quasi, le case dei contadini.
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