La grande scommessa: cambiare e tenere unita l’Europa
di Antonio Lovascio • Poteva andare anche peggio nel voto per l’Europa. Ma le urne hanno ugualmente partorito un paradosso. Merkel e Macron crollano, ma continueranno a comandare. I Verdi e i populisti crescono, ma non conteranno più di tanto, anche se daranno vita ad un’agguerrita opposizione. Ognuno è convinto di aver vinto, ma è un’Europa chiusa a tripla mandata, e vecchia. Certo si faticherà a trovare i giusti equilibri per una nuova maggioranza nel Parlamento di Strasburgo ed a formare un nuovo governo a Bruxelles: il Ppe, lo schieramento che ha conservato il maggior numero di seggi, sta già cercando un’intesa con il Pse (seconda forza) e i liberali dell’Alde, mentre i Verdi sono al momento una grande incognita. C’è da procedere al rinnovo degli incarichi più importanti della Commissione Europea, l’organo esecutivo dell’Unione. Il più rilevante è quello del presidente, attualmente ricoperto dal contestatissimo lussemburghese Jean-Claude Juncker, il cui mandato scadrà il primo novembre, quando anche Mario Draghi lascerà la presidenza della Bce. Ancora una volta Germania e Francia, i due paesi più popolosi dell’Unione, hanno posizioni diverse. Nel primo incontro postelettorale con gli altri Capi di Stato e di Governo europei, la cancelliera Merkel ha detto che affiderebbe il ruolo di comando al tedesco quarantaseienne Manfred Weber, personaggio emergente del suo partito che ha preso più voti. Il presidente francese Emmanuel Macron non ha espresso una preferenza precisa, ma ha citato tre possibili candidati (ovviamente nessuno dei tre era Weber) non in base al principio del peso elettorale ma del profilo «più carismatico, creativo e competente possibile». Si prevedono,dunque, tempi lunghi per raggiungere un’intesa.
Insomma occorre non giocare più con la UE: è una conquista per la quale i cittadini devono esigere il rispetto da parte dei loro governanti. I politici non possono più fare quello che David Cameron in Gran Bretagna ha fatto più di tutti gli altri: usare cioè l’Ue per motivi di interesse di partito e personale, finendo col provocare la disfatta del partito conservatore e la Brexit. Servono, insomma, meno Cameron e più Helmut Kohl, ovvero persone che nella propria attività politica si battano per far avanzare l’Europa, anche se questo può comportare sconfitte elettorali, come accadde appunto a Kohl, che si ritirò dalla politica avendo perso le elezioni del 1998, ma dopo aver fatto approvare in Europa il progetto dell’euro. Non si può avere un’Europa a costo zero per un leader politico.