La chiesa in Libano: Una speranza per i cristiani in Medio Oriente
Come indicato sopra, i cristiani libanesi hanno subito tragedie dopo tragedie nel secolo scorso nella loro guerra civile. Essa è stato un brutale conflitto di faglia, inteso come terreno di scontro di opposte culture, orientamenti religiosi, etnie, rivendicazioni politiche e/o ideologiche. Le sue origini risalgono alla caduta dell’Impero Ottomano, che più nel male che nel bene, aveva mantenuto sotto il suo imperio una certa stabilità in tutta la regione per circa quattro secoli, e l’avvento della Francia come nuova superpotenza regionale. A causa degli accordi segreti di Sykes-Picot del 1916 tra i governi di Londra e Parigi — sostenuti dalle Società delle Nazioni — in contrasto con le promesse britanniche fatte agli alleati arabi, la Francia aveva ottenuto sia il Libano che la Siria come sue zone di influenza. Per mantenere il proprio predominio, i transalpini si allearono con la classe dirigente locale di fede cristiano-maronita, che affiancò in ruoli importanti di governo locale. Nel 1943, a causa della caduta della Francia in mano tedesca e all’occupazione britannica della regione, il leader cristiano-maronita Bishara al-Khuri — che divenne il primo presidente — negoziò con tutte le forze politiche e religiose libanesi in vista di una pacifica via verso una stabile indipendenza. Dal suo impegno vide la luce il cosiddetto “Patto Nazionale”, che resse tra alti e bassi fino allo scoppio definitivo della guerra civile nel 1975.
Il nocciolo di questo accordo era molto semplice: dividere equamente le posizioni di potere tra le varie componenti nazionali. In pratica secondo il suo disegno, accettato in forma di gentlemen’s agreement e quindi non messo nero su bianco in una Costituzione, ci sarebbe stato sempre un Presidente della Repubblica cristiano-maronita, un Primo Ministro sunnita, un Presidente dell’Assemblea Nazionale sciita e un Vice-Presidente greco-ortodosso. Ogni incarico di governo sarebbe stato ripartito secondo uno schema di delicati equilibri di pesi e contrappesi, in modo da non avvantaggiare in modo eccessivo un’etnia o religione rispetto alle altre.
È importante notare che l’islam, pur incorporando elementi religiosi, ha sempre avuto un fondamento socio-politico mai superato. E coloro che desiderano godere dei diritti umani, secondo il Preambolo della Dichiarazione del Cairo dei Diritti Umani in Islam (1990), “…siccome Allah ha creato la Comunità ideale e ha dato all’umanità una civiltà universale ed equilibrata…per assicurare i diritti umani…[devono] conformarsi alla sharia”. La sharia è basata sulla diseguaglianza tra uomo e donna e tra musulmano e non-musulmano, per cui molti capi di Stato islamici e la maggioranza degli imam continuano ad imporre una politica che sopprime la libertà religiosa, e allo stesso tempo, imprigiona attivisti che chiedono riforme democratiche.