Il dinamismo della riflessione ecclesiale tra rivelazione divina e storia

Di fronte a questa evidenza, scrive l’autore: «La risposta che spesso la teologia, anche recente, ha offerto a tali questioni è che l’autocomunicazione di Dio nell’evento cristologico e nell’azione pneumatologia è talmente eccedente le capacità umane di comprensione che la Chiesa può intendere tale rivelazione solo gradualmente e parzialmente» (p. 22). Tale risposta, secondo Nardello, pur riconoscendo il carattere progressivo della fede della Chiesa che si invera incessantemente attraverso uno sviluppo storico, non giustifica il cambiamento di dottrine già professate. Per questa ragione, spiega l’autore introducendo lo scopo del suo percorso sistematico, «non basta affermare il carattere graduale e parziale di tale processo […], ma occorre pure chiarire come quanto è stato erroneamente creduto in passato non abbia compromesso la fedeltà della Chiesa alla fede» (p. 23).

L’argomento ha già un suo background: nel presente volume sono riportati i contributi di Vincenzo di Lerino, di John Henry Newman, di Bernhard Bartmann e di Michael Schmaus, secondo i quali tuttavia «non sembra possibile alcuna forma di discontinuità anche nell’evoluzione di dottrine che non sono state insegnate infallibilmente» (p. 44). Un grande passo in avanti si raggiunge con la costituzione dogmatica Dei Verbum, la quale afferma chiaramente l’esistenza di uno sviluppo dottrinale di tutto il Popolo di Dio, di una tradizione che non è statica, ma vivente: progredisce, cresce e tende sempre più verso la pienezza della verità divina (cf. DV 8).hqdefault

Per fondare teologicamente questa riflessione sul divenire di Dio, da cui trarre le possibili implicazioni in ambito ecclesiologico, è necessario per Nardello rintracciare quei modelli metafisici che possano aiutarci a cogliere come il cambiamento non sia un fattore accidentale o negativo, ma la forma e la ragione d’essere di una realtà. In questo ripensamento delle categorie concettuali, ci si deve distaccare dallo staticismo delle ontologie greche per recuperare un’ontologia fondata su quel dinamismo relazionale, presentato dalla Scrittura, di un Dio che abita il divenire (differente da quello umano) nel suo essere totalmente proiettato verso le sue creature. E qui l’autore si collega al contributo originale della filosofia del processo di Alfred North Whitehead e della recezione di questa metafisica processuale nel teologo Joseph Brachen. Recuperando l’apporto di questi autori, ed evidenziando chiaramente le loro diverse criticità, Nardello, nell’ultimo capitolo del suo libro, avanza la proposta di un’ecclesiologia in chiave processuale, alla luce della quale rilegge alcune questioni ecclesiologiche, come la natura della Chiesa, l’annuncio evangelico e l’eucarestia, il rapporto tra Chiesa universale e Chiese locali, compiendo, infine, una risemantizzazione della nozione di comunione.

In questo orizzonte di comprensione, «la Chiesa nel suo insieme, sotto la guida autorevole del magistero a cui spetta comunque l’ultima parola, può sentirsi libera di rimettere in discussione le dottrine insegnate in modo non definitivo, senza timore di venire meno alla propria fedeltà a Dio o di mettere in discussione l’ortodossia e l’ortoprassi delle generazioni cristiane passate» (p. 264). Ogni sviluppo dottrinale fa parte del cammino storico del Popolo di Dio.