Ebrei e cristiani, il dialogo tra Benedetto XVI e il rabbino capo di Vienna Arie Folger

221 341 Dario Chiapetti
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9788892218925_0_221_0_75di Dario Chiapetti • Ebrei e cristiani (a cura di E. Guerriero, San Paolo, Cinisello Balsamo, Mi, 2019, 142 pp., 15 euro) raccoglie la corrispondenza tra il papa emerito Benedetto XVI e il rabbino capo di Vienna Arie Folger sul dialogo interreligioso tra i due suddetti soggetti, ma anche alcuni documenti magisteriali e pronunciamenti di papa Francesco sul tema. Il testo, dopo una Prefazione del rabbino e un’Introduzione del Curatore, riporta, al primo capitolo, il testo «Grazia e chiamata senza pentimento. Osservazioni sul trattato De Iudaeis» di Benedetto XVI (2017) in risposta al documento della Commissione vaticana per i Rapporti religiosi con l’Ebraismo, presieduta dal card. Koch – I doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili (2015) – in occasione del cinquantesimo della promulgazione della Dichiarazione conciliare Nostra Aetate (1965). Il secondo capitolo si compone della riproposizione del testo di Folger (2018) col quale questi risponde pubblicamente al suddetto scritto del papa emerito, e il successivo e conseguente cordiale scambio epistolare tra i due (2018), rimasto fino ad ora privato. Il terzo e ultimo capitolo raggruppa alcuni interventi magisteriali come Nostra Aetate 4; la Prefazione di Ratzinger al documento della Pontificia Commissione Biblica Il Popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia Cristiana (2001); l’Udienza generale interreligiosa di papa Francesco (2015); la Dichiarazione Tra Gerusalemme e Roma. Riflessioni a cinquant’anni da Nostra Aetate (2017), fatta propria dalla Conferenza dei Rabbini d’Europa, il Consiglio Rabbinico d’America e il Gran Rabbinato dello Stato d’Israele; e infine il Discorso di papa Francesco ai rappresentanti delle tre menzionate organizzazioni religiose ebraiche (2017).

Il presente libro offre innanzitutto l’opportunità di entrare nel vivo del pensiero di un grande intellettuale come il papa emerito su un tema di così grande importanza – e di cui questi si è sempre occupato con grande interesse nei suoi anni di pontificato – come quello del rapporto tra ebrei e cristiani. Come detto, il carteggio tra Benedetto XVI e Folger ha avuto inizio con la replica del papa emerito – il menzionato «Grazia e chiamata senza pentimento» – al suddetto testo della Commissione vaticana per i Rapporti religiosi con l’Ebraismo che, nel celebrare l’anniversario di Nostra Aetate, ha affermato chiaramente che gli ebrei hanno parte nella salvezza di Dio. Ratzinger, ha chiesto di approfondire teologicamente alcune tematiche offrendo già alcune riflessioni. In primo luogo, la teoria della sostituzione, secondo cui Israele non è più portatore delle promesse di Dio a causa del suo rifiuto di Gesù Cristo, va sì respinta – in quanto di essa questi dice che mai è entrata nel dogma – ma anche approfondita. Benedetto XVI prova a identificare alcuni ambiti di riflessione al fine di precisare i termini di questa questione. In campo morale, non vi è alcuna sostituzione bensì una sostanziale continuità tra Israele e la Chiesa cattolica. Quanto al culto del tempio e le disposizioni cultuali, occorre invece osservare come già l’Antico Testamento abbia criticato fortemente i sacrifici degli animali contrapponendovi un sacrificio del cuore contrito. In tal senso, il sacrificio di Gesù non sostituisce quelli antichi ma si pone come vertice del cammino del popolo col suo Dio. In secondo luogo, è posta l’attenzione alla questione dell’alleanza mai revocata. Ratzinger precisa che il termine alleanza è presentato dalla Scrittura come nozione in sé dinamica. Molteplici sono le alleanze: quella di Abramo, Noè, Mosè, Geremia, Ezechiele. A ciò si deve poi aggiungere che accanto alla realtà dell’alleanza va considerata anche la realtà del fallimento degli uomini, ebrei e cristiani, nel rimanervi fedeli. In terzo luogo, è tematizzata la questione della promessa del territorio. Se lo Stato di Israele era stato concepito, nel suo sorgere, come Stato laico basato sul diritto di ogni ebreo ad avere un proprio territorio come qualsiasi altro popolo, successivamente si è fatta strada la concezione di uno Stato come adempimento sia politico che religioso delle promesse di Dio a Israele. Ebbene, secondo il papa emerito lo Stato d’Israele può essere concepito certamente come un segno dell’alleanza con Dio, non però come la realizzazione della relativa promessa divina. Il papa emerito mostra in ciò cautela, una cautela che per Guerriero nasce proprio dall’esperienza interna della Chiesa: «proprio l’esperienza cattolica con lo Stato della Chiesa di cui solo a fatica i papi si sono liberati insegna a essere più cauti» (p. 31).rtr28zc7_2576022

Questo intervento di Ratzinger è il più denso e da esso ci si accorge come il tentativo di questi consista nel tenere fissi i punti fondamentali dell’insegnamento magisteriale – Cristo come sola via di salvezza – cercando di approfondirne al contempo l’intelligenza nella direzione dell’affermazione sia della rinuncia alla missione verso gli ebrei che della fraternità tra questi e i cristiani.

Ora, l’intervento di Ratzinger, recepito da alcuni teologi, tra i quali Michael Böhnke, come un ritorno a prima del Vaticano II, fu difeso proprio da Arie Folger, così come ci si rende conto dai suoi due interventi riportati. Il rabbino riconobbe il carattere ad intra del testo e tuttavia precisò che, se la dottrina della sostituzione non è mai stata accolta formalmente dalla Chiesa, essa era in qualche modo parte di una certa mentalità tra i cristiani e da essa presero avvio le umiliazioni e le persecuzioni nei confronti degli ebrei. Allo stesso tempo, Folger ha apprezzato di Ratzinger le affermazioni sul non superamento della Bibbia ebraica e della legge, nonché i tentativi teologici per fondare la fraternità tra coloro che appartengono alle due confessioni, facendo, a tal proposito, anche presente gli sforzi fatti da parte ebraica per ammettere una salvezza universale anche per i non ebrei, basata cioè unicamente sull’alleanza con Noè.

È chiaro che la questione spinosa rimane quella cristologica e su questa né Benedetto XVI né Folger possono trattare. Ratzinger riserva saggiamente all’eschaton la sua risoluzione. Eppure con Francesco si è imposta una strada di fraternità – «da nemici ed estranei siamo diventati amici e fratelli», si legge in uno dei suoi due interventi ripostati nel capitolo terzo – che già ora ci inserisce in un movimento di conversione personale e ci orienta – il «non occupare spazi ma avviare processi» di Evangelii Gaudium – al futuro del giorno ultimo, vivendo e pregustando così nel presente il comandamento nuovo. Se l’amore di Cristo è così seriamente accolto da noi che a tale amore fraterno ci sospinge, non siamo forse lontani dal regno dei cieli. Ed è in tale orizzonte che questo libro invita ad entrare.

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Dario Chiapetti

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